Studio: sacchetti bio impiegano sei mesi a dissolversi nell'ambiente

Ambiente
In Italia i sacchetti di plastica utilizzati per la spesa debbono essere biodegradabili (Getty Images)
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Secondo una ricerca realizzata dall'Università di Pisa, i bioshopper nati per recare il minimo danno ambientale, potrebbero alterare il regolare sviluppo delle piante. LO SPECIALE SKY TG 24

Una ricerca pubblicata sulla rivista Science of the total environment, mette in discussione la velocità con la quale i sacchetti bio si dissolvono nell'ambiente. Lo studio condotto dall'Università di Pisa ha calcolato che sono necessari almeno sei mesi in mare perché questi bioshopper vengano "smaltiti" dall'ambiente. Nel lasso di tempo in cui questo processo si verifica, il rischio è che sacchetti, recentemente divenuti obbligatori in Italia anche per l'acquisto di prodotti dell'ortofrutta, possano comunque alterare lo sviluppo delle piante e "modificare alcune importanti variabili del sedimento marino come ad esempio ossigeno, temperatura e pH".

Il metodo

Per raggiungere le sue conclusioni il team dell'Università di Pisa, composto da Elena Balestri, Virginia Menicagli, Flavia Vallerini e Claudio Lardicci ha sperimentato il percorso del sacchetto nell'ambiente ricreando in laboratorio un "ecosistema in miniatura". Le proprietà di questi prodotti di nuova generazione sono importanti, in vista della loro crescente diffusione. Gli studiosi sono stati in grado di stabilire che dopo sei mesi i bioshopper "alterano la composizione geochimica del sedimento marino" con possibili conseguenze "sulla coesistenza delle specie di alghe".

Il commento

"La nostra ricerca si inserisce nel dibattito sul 'marine plastic debris', cioè sui detriti di plastica in mare, tema globale e purtroppo molto attuale (leggi lo SPECIALE SKY TG 24): abbiamo potuto verificare che anche le buste biodegradabili di nuova generazione attualmente in commercio hanno comunque tempi di degradazione lunghi, superiori ai sei mesi", ha spiegato uno degli autori del paper, Claudio Lardicci. "La nostra ricerca è l'unica ad aver valutato i possibili effetti della presenza di bioplastiche sui fondali marini e sulla crescita di organismi vegetali superiori: i rischi di una possibile massiccia immissione di plastiche cosiddette biodegradabili nei sedimenti marini e gli effetti diretti e indiretti del processo di degradazione sull'intero habitat sono in gran parte ignorati dall'opinione pubblica e non ancora adeguatamente indagati dalla letteratura scientifica".   

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