Pesci attratti dalla plastica, ingannati dall'odore simile al cibo

Ambiente
L'esperimento negli Usa sulle acciughe (Foto d'archivio di Getty Images)
Acciughe-GettyImages

Secondo uno studio americano i pesci non ingeriscono le microplastiche per errore ma se ne nutrono perché tratti in inganno dall’odore. SPECIALE SKY: Un mare da salvare

La plastica che inquina gli oceani non finisce per caso nello stomaco dei pesci, entrando di lì nella catena alimentare e rischiando di arrivare sulla nostra tavola. Le creature marine non la ingerirebbero per errore ma la mangerebbero perché ingannati da un odore che "sa" di cibo. A suggerirlo è uno studio americano pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B.

Inganno all'olfatto

Secondo i ricercatori guidati da Matthew Savoca della Noaa, l'agenzia meteo statunitense, i pesci mangiano attivamente le micriplastiche ingannati dall'odore. Dopo essere stati in mare i microframmenti di plastica assumono secondo le narici degli animali acquatici il profumo del cibo. Il team di ricercatori ha preso in esame l'acciuga. Ad alcuni banchi di acciughe è stato proposto sia un alimento classico - il krill, dei piccoli crostacei di cui si nutrono molte specie di pesci e uccelli acquatici - sia i frammenti di plastica. In questo caso gli scienziati hanno sottoposto alle acciughe due tipi di plastica: una pulita e una che invece era stata in ammollo nell'oceano. Dagli esperimenti è emerso che le acciughe si nutrono solo delle microplastiche al "sapore di mare", attratte dal loro odore. A ingannare i pesci non è la plastica in sé, spiegano, ma la patina di alghe e altro materiale biologico che avvolge i detriti nel mare e che li fa profumare come il loro cibo naturale.  

L'allarme per la catena alimentare

I ricercatori non nascondono le "considerevoli implicazioni" di questa scoperta "per le catene alimentari acquatiche e, possibilmente, per la salute umana". Le specie di pesci che ingeriscono plastica sono almeno 50, affermano, comprese molte che finiscono regolarmente nei nostri piatti. "Il problema degli animali che si nutrono di plastica non è stato studiato in modo esaustivo come dovrebbe", spiega Savoca. Gli uccelli marini, i pesci, aggiunge, "non sono stupidi". In genere sono bravi a individuare la preda corretta. L'inganno in cui cadono i pesci con l'olfatto però può avere serie ripercussioni su tutta la catena alimentare, fino ad arrivare all'uomo. "Non c'è dubbio che mangiamo microplastiche anche noi quando mangiamo frutti di mare", spiega Chelsea Rochman, dell'Università di Toronto, interpellata da New Scientist. Quello che non sappiamo ancora è quante sostanze chimiche dalla plastica passano al nostro organismo. La scorsa settimana un rapporto della Fao ha evidenziato proprio quanto c'è ancora da scoprire sul "consumo" di plastica da parte degli animali e sull'impatto sulla salute umana. Nel frattempo, diminuire la fonte del problema, ovvero le tonnellate di spazzatura di plastica che finiscono in mare, sarebbe l'ideale. A partire dalla riduzione nei consumi quotidiani della plastica monouso, ecco 10 cose che tutti possono fare per salvare i nostri oceani.

Olfatto, senso chiave per la fauna marina

Tra l'altro questa ricerca per la prima volta conferma che le acciughe settentrionali sfruttano l'olfatto per individuare le loro prede. Questo senso del resto è fondamentale anche per altre creature del mare: gli squali, spiega Savoca in un articolo su The Conversation, possono "sentire" minuscole quantità di sangue a distanza, i salmoni usano l'olfatto per risalire i fiumi in specifici punti. Più in generale i pesci usano questo senso per accoppiarsi e migrare. 


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