Ecco Joint Lab, il laboratorio italiano per lo sviluppo dei microchip

Tecnologia
Guglielmo Lanzani, Direttore del Cnst (Center for Nano Science and Technology) dell'Istituto italiano di tecnologia (foto: profilo Twitter Iit)
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Il progetto nasce dall'accordo tra l'Istituto di tecnologia (Iit) e l’azienda Tecnhoprobe, con l’obiettivo di lavorare a nuove tecnologie nel campo dei circuiti integrati

Un passo avanti nello sviluppo di nuove tecnologie nel campo dei circuiti integrati arriva dal Joint Lab, un laboratorio dedicato a questo settore e nato dall’accordo tra l’Istituto italiano di tecnologia (Iit) e Technoprobe. Quest’ultima è l’unica azienda italiana, la terza nel mondo, a produrre dispositivi per il test dei circuiti integrati. Il valore dell’investimento per il progetto è di due milioni di euro per 36 mesi di attività. Prevista anche l’assunzione di cinque ricercatori.

Un investimento strategico

L’accordo tra la Technoprobe e Iit ha come obiettivo lo sviluppo di nuove tecnologie destinate ai microchip. Nel progetto è stata investita una cifra importante, pari a due milioni di euro spalmati in 36 mesi di attività. ''Il Joint Lab con Iit – ha detto Roberto Crippa vicepresidente esecutivo dell’azienda con sede a Cernusco Lombardone (Lecco) - è per noi un investimento strategico in ricerca e sviluppo, attraverso cui manteniamo il nostro primato innovativo nel mercato mondiale, dove siamo il terzo operatore e dove realizziamo oltre il 90% del nostro fatturato''.

Migliorare la produzione dei microchip

Il Joint Lab sarà dedicato al miglioramento dell'efficienza e della qualità del processo di produzione dei microchip. E se per Technoprobe questo progetto rappresenta un’importante investimento strategico, lo è altrettanto per l’Istituto italiano di tecnologia. Per Iit, infatti, lavorare con realtà simili "è una sfida importante, perché misura la nostra capacità di realizzare innovazioni competitive al servizio delle imprese italiane'', come ha sottolineato Guglielmo Lanzani, Direttore del Cnst (Center for Nano Science and Technology) dell'Iit. In particolare, la tecnologia sviluppata riguarda la prima e più delicata fase di produzione del microchip, quella in cui si trova ancora allo stato di wafer di silicio, ovvero una sottile fetta di materiale semiconduttore sul quale si installano successivamente i circuiti integrati. Durante questo passaggio il microchip viene testato sull'interfaccia (Probe Card) tra il sistema di test elettronico e il wafer di semiconduttori.

La ricerca del vantaggio competitivo

Ciò che determina il vantaggio competitivo nel campo dei microchip è la loro capacità di lettura nell’unità di tempo da parte dell’interfaccia, la Probe Card appunto. All’interno dei laboratori dell’Iit, come ha spiegato Luigino Criante del Cnst, ''usiamo il laser come un pennello per rendere i dispositivi sempre più miniaturizzati e performanti''. È grazie a questo tipo di tecnologie, ha aggiunto Fabio Di Fonzo del Cnst, che ''siamo in grado di aumentare il numero di microchip processati nell'unità di tempo, con un sensibile incremento dell'efficienza ed efficacia del processo''.

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