Twin Peaks - La serie evento: alcune riflessioni sull'episodio 8

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Un salto indietro nel tempo e nello spazio, alla scoperta delle origini del Male e del Bene: in attesa dell'episodio 9 di Twin Peaks - La serie evento, che andrà in onda in versione originale sottotitolata la notte tra domenica 9 e lunedì 10 luglio, dunque dopo una piccola pausa, leggi la (non) recensione dell'episodio 8

 

di Gabriele Acerbo
(@gabace)

 

 

"This is the water. And this is the well. Drink full and descend. The horse is the white of the eyes and dark within." (The Woodsman)

 

 

Questa non è una recensione. Perché in questo mondo non sono state ancora inventate le parole adatte per descrivere quello che si è visto nella parte 8 del nuovo Twin Peaks. Il che rende del tutto inutile questo articolo, così come qualsiasi altra recensione che voglia provare a raccontarne la trama. Non sarebbe raccontare, ma bofonchiare. Ci vorrebbe un William Burroughs, un narratore di viaggi allucinati e lisergici, per trasformare in frasi giuste e parole esatte l'esperienza-limite provata assistendo a questo ulteriore tappa della cosmogonia lynchiana.

 

Quello che si può dire è che in tv ancora non si era visto nulla di così surreale e incredibile. Così 'oltre' e 'altro'. Quello a cui abbiamo assistito è distante anni luce da qualsiasi forma di racconto televisivo. E’ semplicemente arte.

 

Dopo un episodio 7 che ci aveva fatto ringraziare il cielo perché i tasselli del puzzle sembravano incastrarsi, Lynch ci ha spiazzato trasportandoci in un Altrove che non riusciamo neanche a definire. Abbiamo fatto un salto indietro non di 25 anni, ma di 40 - ai tempi in cui Lynch ultimava il suo primo lungometraggio ‘Eraserhead’, di cui questa parte 8 di Twin Peaks è una sorta di derivazione ancora più allucinata.

 

 

 

 

 

Ma è un ritorno indietro anche di 60 anni, perché il racconto retrocede addirittura al 1945 per descrivere la Genesi del Male (Bob) e del Bene (Laura Palmer) con una lunga sequenza che entra letteralmente all’interno di un’esplosione nucleare in New Mexico sulla musica allucinante di Krzysztof Penderecki, ‘Trenodia per le vittime di Hiroshima’ (nota al grande pubblico perché usata da Stanley Kubrick in ‘Shining’). E’ lì che nasce Bob, ed è in quel momento che nel limbo in bianco e nero abitato dal Gigante (forse la Loggia Bianca) viene partorito l’antidoto al Male, una sfera dorata al cui interno si ravvisa il volto di Laura Palmer e che viene spedita sul pianeta Terra.

 

 

 

 

 

Il male prodotto dall’atomica originerà creature malvage come Woodsman che – dopo aver attraversato il deserto chiedendo a chiunque “Got a light?” - diffonderà l’infezione pronunciando a ripetizione una frase apparentemente senza senso attraverso una stazione radiofonica, mentre uno strano essere metà rana e metà insetto si infilerà nella bocca di una bella adolescente addormentata.

 

 

 

 

 

Una lunga sequenza che ci riporta, per la scelta del bianco e nero, taglio delle inquadrature e fotografia contrastata e piena di chiaroscuri di Peter Deming, ai grandi classici horror degli anni ’50.

 

E proprio sulle scelte fotografiche di questo episodio si potrebbe scrivere un volume perché in modo sfacciatamente antitelevisivo Lynch, Deming e il montatore Duwayne Dunham scelgono di non farci vedere mai perfettamente quanto accade sullo schermo, abbagliandoci con neri profondissimi che ci nascondono dettagli fondamentali e ipnotizzandoci con immagini sovrapposte: ad esempio quando da un Mr. C ferito dai proiettili degli esseri da un altro mondo estraggono 'qualcosa' con la faccia ghignante di Bob.

 

 

 

 

 

 

In rete e sui social si è scatenata una vera e propria febbre: i telespettatori hanno fatto a gara soprattutto per dare un’identità alla bella addormentata degli anni ’50 probabilmente infettata da Bob. C’è chi sospetta che sia la madre di Laura, Sarah Palmer, chi ipotizza che potrebbe essere la Signora Ceppo, chi Nadine, chi qualcun altro ancora.

 

Forse la (ri)lettura del romanzo di Mark Frost, ‘Le vite segrete di Twin Peaks’ (Mondadori) potrebbe aiutare a far luce su tanti dubbi ma noi preferiamo non fare congetture. Limitiamoci a ringraziare Showtime per il suo coraggio nell’aver dato carta bianca al genio del Maestro.

 

E ora avviciniamo il divano quanto più possibile allo schermo, spegniamo le luci, mettiamo le cuffie e rivediamo per la decima volta Parte 8.

 

"Gotta light?"
(Woodsman)

 

 

 

 

 

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