Il Premio, la recensione del film diretto e interpretato da Alessandro Gassmann

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Paolo Nizza

Arriva su Sky Cinema Uno, in prima tv, lunedì 30 aprile alle 21.15  Il Premio, una commedia diversamente divertente. Distribuito da Vision Distribution, un road movie dal respiro europeo con un tocco di pischedelia. Nel cast, insieme a un ottimo e buffo  Alessandro Gassmann (che firma anche la regia) ci sono un inedito e travolgente Gigi Proietti, un sublime e sardonico Rocco Papaleo e un'esilarante Anna Foglietta,versione blogger

“Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo". Lungi dal contestare il celeberrimo incipit di Anna Karenina di Lev Tolstoj, il film Il Premio ci dimostra che, forse, si può essere una famiglia felice in maniera differente. Specie se si è una famiglia inconsueta. Ma soprattutto il film diretto e interpretato da Alessandro Gassmann dimostra che esiste una via difforme dalla solita commedia italiana soffocata da quattro pareti, con personaggi asfissiati fra la camera da letto e il tinello.

Sicché. Per la sua terza regia, Alessandro Gassmann sceglie la strada molto frequentata della commedia, ma optando per percorso poco battuto. Il Premio, infatti, è un road-movie distribuito su una superficie di oltre duemila chilometri: un viaggio che parte da Roma per arrivare a Stoccolma, passando per l'Austria, la Germania, la Danimarca.

Il Premio è incentrato sul personaggio di Giovanni Passamonte (Gigi Proietti) scrittore di best seller di successo internazionale dalla vita esagerata, contraddistinta da molte mogli e molti figli.
Quando gli comunicano che ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura, per paura di volare, decide di partire in auto verso Stoccolma per andare a ritirare il premio insieme a Rinaldo (Rocco Papaleo), suo assistente da sempre.
Al lungo viaggio in auto partecipano anche i due figli di Giovanni Passamonte, Oreste (Alessandro Gassmann), personal trainer, e Lucrezia (Anna Foglietta), blogger di successo.
La strada da Roma a Stoccolma si trasformerà in un percorso denso di imprevisti, in cui il gruppo incontrerà curiosi personaggi, ma si rivelerà per tutti un’occasione unica per affrontare dinamiche familiari insospettabili e conoscersi veramente.

Ça va sans dire, Il Premio non è un'opera autobiografica. Tuttavia, per tutto il film aleggia come uno spirito guida la figura di Vittorio Gassman. Tant’è che alcune peculiarità di Giovanni Passamonte, come l'allergia alle toilette pubbliche o il vezzo di non usare le carte di credito perché volgari e girare con valige gonfie di banconote, sono gli stessi che aveva Papà Vittorio.

E la stessa idea del film nasce da un aneddoto legato a Vittorio, come racconta lo stesso Alessandro: "Negli ultimi anni ci diceva che se gli rompevamo troppo i c… sarebbe partito per andare a ritirare tutti i premi alla carriera che gli offrivano per il mondo. Aveva calcolato che sarebbe potuto stare via vivendo, viaggiando e mangiando gratis per tre anni''.

Certo, Gigi Proietti non fa un'imitazione di Vittorio, ma ci offre un personaggio cinico e narcisista, avvezzo a parlare senza filtri e a sbattere in faccia la cruda verità ai suoi interlocutori. Un caustico intellettuale che ha conosciuto William Burroughs ha parigi e messo incita una giovane e tatuata artista concettuale

Ma Giovanni è anche un malinconico essere umano, consapevole che il successo è una droga che genera dipendenza. Un genio civilmente disimpegnato. Un divo a metà fra Umberto Eco e Keith Richards. Un talentuoso Don Giovanni, sospeso tra una fumata d'oppio e un omaggio a Milone di Crotone. La trama può ricordare Il Giardino delle Fragole, non a caso citato in una battuta del film

Però si tratta di fragole infinite, di “strawberrry fields” come cantavano i Beatles, visto che Il Premio omaggia la psichedelia, gli anni '70, i figli dei fiori. Non a caso c’è anche una ipnotica sequenza girata nel famoso quartiere di Christiana a Copenaghen. Ma potremo parlare anche del giardino delle fregole. 

Perché uno dei punti di forza del film è un sano rifiuto del politicamente corretto, con utilizzo di riuscite gag e battute sul sesso, per tacere di un'esilarante scena con protagonista un Canadian Sphynx, l'inquietante gatto privo di pelo. Se Proietti è perfetto nella parte dell'egotico artista, gli altri personaggi che gli ruotano intorno non sono da meno. A partire da Alessandro Gassmann che veste i panni di Oreste, il figlio maggiore, un ex professionista di lotta greco romana, famoso per aver subito a Seul l'atterramento più rapido della storia olimpica. Insomma, un illetterato incolto e pasticcio che si offende se qualcuno lo chiama psicopompo, ma dal cuore grande. Al contrario di sua sorella Lucrezia, blogger saccente e acidella, un’isterix alla perenne ricerca di follower, una reginetta del sarcasmo (figura retorica abusata sul web), che però grazie alla bravura di Anna Foglietta riesce ad avere una sua umanità, per quanto celata dalla dipendenza dai social e dal selfie stick. Last but not least Rocco Papaleo, grazie alla regia di Gassmann, viene finalmente privato dell'accento lucano e del coté proletario per interpretare Rinaldo, anomalo maggiordomo 2.0 dalla parlata forbita, nonché famelico consumatore di porno su internet. Ma anche qui non si tratta di una corriva macchietta, ma di un personaggio buffo, contraddittorio e profondo che in qualche modo rimanda a Norman, il servo di scena dell'omonima commedia.

Notevoli anche i camei della mitica Erika Blanc, che interpreta una diva del cinema sopra le righe a meta strada fra Greta Garbo e Gloria Swanson e della strelheriana Andrea Jonasson, passata dal libero amore al libero mercato, perché alla fine si tratta sempre di “fottere più persone possibili”. Tuttavia, ne Il premio si fanno largo anche i giovani, ovvero Matilde De Angelis, già attrice rivelazione in Veloce come il ventoMarco Zitelli, alias Wrongonyou, autore anche delle musiche insieme a Maurizio Filardo.

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