Michael Nyman svela i suoi segreti: l'intervista

Cinema

Tra i grandi ospiti di quest’anno di Piano City c'è l’inglese di nascita (quasi milanese di adozione) Michael Nyman che qualunque cinefilo con almeno trent’anni di servizio ha nel proprio Dna per le indimenticabili colonne sonore dei film di Jane Campion e Peter Greenaway. Ecco l'intervista integrale mentre quella video è su Sky Cine News di domenica 28 maggio

di Michele Sancisi

Molte le note di cinema ascoltate a Piano City, la sesta edizione appena conclusa del festival che ogni anno riempie di pianoforti le strade e i cortili di Milano, seguito da un pubblico sempre crescente. 450 concerti in tre giorni, comprese esecuzioni di grandi colonne sonore di film e serie tv riproposte dal vivo in collaborazione con Sky, tra le quali “The young pope”, “1992” e “Twin Peaks” (in contemporanea con il trionfo a Cannes della nuova stagione in onda su Atlantic).

Tra i grandi ospiti di quest’anno, il ritorno dell’inglese di nascita e quasi milanese di adozione Michael Nyman che qualunque cinefilo con almeno trent’anni di servizio ha nel proprio Dna per le indimenticabili colonne sonore dei film di Jane Campion e Peter Greenaway. Al termine di una estenuante giornata iniziata con un concerto all’alba in un parco, proseguita con una lezione pubblica con brevi assaggi musicali, abbiamo incontrato il 73enne musicista e anche regista e fotografo, ancora in vena di racconti sui set dei film di cui ha musicato il successo.

L’intervista in video è protagonista della puntata di Sky Cine News di domenica 28 maggio 2017, ma ecco la versione integrale con alcuni dettagli inediti.

Ho incontrato Peter Greenaway nel 1962-63, quando ero ancora uno studente di musica. Siamo amici da allora e per anni siamo andati al cinema insieme almeno due volte la settimana vedendo i film del cinema italiano e della nouvelle vague francese. Lui faceva corti sperimentali indipendenti, parlavamo di colonne sonore ma a quel tempo io ero più un critico musicale che un compositore, cosa che diventai solo nel 1976, il mio primo film “Annus mirabilis” è di quell’anno e poco dopo musicai il primo film di Peter.


Dopo vari cortometraggi di Greenaway lei ha poi musicato tutti i suoi più celebri lungometraggi degli anni ’80 e ’90 dando loro una impronta indimenticabile. Come lavoravate insieme?

Ogni volta era un processo diverso. La musica di “The Draughtsman's Contract” (“I misteri del giardino di Compton House”, 1982) la composi sulla base della sceneggiatura del film di Greenaway, molto prima delle riprese. Per “A Zed & Two Noughts” (“Lo zoo di Venere”, 1985) creai la colonna sonora mentre il film era sul set, ma non ho mai potuto vedere il girato. Per “Drowning by Numbers” (“Giochi nell’acqua”, 1988) Peter mi chiese la musica solo a film terminato. Invece la soundtrack del film “The Cook the Thief His Wife & Her Lover” (“Il cuoco, il ladro, sua moglie, l’amante”, 1989) è nata da un brano che avevo scritto nel 1985 per commemorare i tifosi della Juventus morti nel disastro dello stadio Eysel: glielo diedi e Peter costruì il film attorno a quel pezzo. Anche se oggi pare impossibile separare le immagini del film di Greenaway da quella musica, questa fu scritta 5 anni prima. Per “Prospero's Books” (“L’ultima tempesta”, 1991) misi insieme dei brani che avevo già scritto in precedenza. Per cui non c’è mai stata una regola.


Dopo un’altra collaborazione importante con Patrice Leconte per “L'insolito caso di Mr. Hire (“Monsieur Hire”, 1989) e “Il marito della parrucchiera (“Le Mari de la coiffeuse”, 1990), la sua colonna sonora più celebre fu quella romantica e pluripremiata di “Lezioni di piano” di Jane Campion.

Lei mi voleva assolutamente per dare un’impronta musicale forte al suo “The Piano”, in particolare ad alcune scene topiche, ma mi disse subito che non voleva nulla di simile alla musica (durante l’incontro con il pubblico riferisce letteralmente “that shit”) di Peter Greenaway. Le spiegai che quella non era la musica di Peter Greenaway ma di Michael Nyman ma che avrei cercato di accontentarla. Non fu facile, ne palammo molto e io contribuii anche alla scelta di Holly Hunter come protagonista perché, pochi lo sanno, inizialmente doveva essere Anjelica Huston.


Come riusciste ad ottenere una tale compenetrazione tra immagine e suono in un film in cui la musica stessa è protagonista del racconto?

Holly Hunter nel film suona davvero il piano con la mia musica e naturalmente ha dovuto studiarla per due o tre mesi prima di girare. Durante le riprese in Nuova Zelanda, su quella spiaggia, Jane Campion usava sempre la mia musica diffondendola sul set e Holly ci recitò sopra usando il suo corpo anziché la voce. Quella che sembra una perfetta e naturale corrispondenza tra immagine e musica fu il frutto di un lungo e paziente lavoro.


Meno conosciuto della sua musica è il suo lavoro come fotografo e documentarista. Cosa rappresenta per lei mister Nyman?

Da bravo film-maker porto sempre con me una piccola videocamera (ne estrae una molto compatta dal taschino della giacca), ma sono un regista di strada e un fotografo di strada. Direi che il… (
ci pensa bene) 92% dei film che faccio sono suggeriti dalla realtà che si mostra davanti a me, qualche volta qui a Milano, più spesso a Città del Messico dove vivo.

Ma la curiosità maggiore è forse sapere che musica ascolta Michael Nyman.

Non ascolto nessuna musica, mai… (
lunga pausa) No! Solo qualche volta, quando mi fermo a lungo a Milano, vado a sentire qualcosa di molto diverso dal mio mondo, come Luigi Nono, il gruppo Sentieri Selvaggi, oppure un’opera alla Scala, soprattutto Verdi.  

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