I bambini piangono di più in Italia (e meno in Germania)

Salute e Benessere
Il fattore culturale potrebbe incidere sul pianto sin dalla tenerà età (Getty Images)
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In media, un neonato piange circa due ore al giorno nel corso delle prime due settimane di vita, prima di raggiungere il picco di 2 ore e 10 minuti intorno alle sei settimane. Secondo una ricerca pubblicata sul "Journal of pediatrics" questo dato varia anche in base al Paese d'origine. I risultati dello studio 

Tutti i neonati piangono e non tutti con la stessa frequenza, si sa. Inaspettato, però, è scoprire che la nazionalità del bambino incide sulla frequenza del pianto nei primi tre mesi di vita: è quanto emerge da una ricerca dell'Università di Warwick (Regno Unito) e pubblicata sul "Journal of pediatrics". In particolare, i neonati italiani sembrano più “frignoni”, ad esempio, di quelli tedeschi.

 

Il confronto fra 7 Paesi – Il lavoro dei ricercatori si è concentrato sul confronto basato sulle banche dati disponibili dalla letteratura scientifica; questo lavoro di meta-analisi è stato in grado di mettere assieme le abitudini di circa 8700 bambini provenienti da diversi Paesi come Italia, Regno Unito, Canada, Giappone, Olanda, Danimarca, Germania, Australia e Stati Uniti. In media, il neonato piange circa due ore al giorno nel corso delle prime due settimane di vita, prima di raggiungere il picco a 2 ore e 10 minuti intorno alle sei settimane. Ciononostante questo dato medio racchiude in sé un ampio spettro di possibilità, da un minimo di 30 minuti a oltre cinque ore al giorno di strilli.

 

Il fattore-nazionalità - Non solo, la stessa nazionalità del bambino pare associata a diverse propensioni al pianto: essa è più alta in Italia (al "top" fra l'ottava e la nona settimana), Regno Unito (ove i bimbi piangono di più fra la prima e la seconda settimana) e Canada (fra la terza e la quarta), mentre è più bassa in Germania e Danimarca. “I piccoli sono già molto diversi nel quanto piangono sin dalle prime settimane di vita”, spiega alla Reuters il primo autore della ricerca, Dieter Wolker. Lo studio è stato in grado di tracciare una sorta di guida universale con i tempi medi di pianto per i primi tre mesi di vita, utile a comprendere se un bambino sta piangendo più della norma. Ancora non è del tutto chiaro perché si manifestino queste differenze a seconda della nazionalità: i fattori culturali nelle modalità di crescita dei figli (genitori più o meno apprensivi, ma anche i comportamenti fra adulti) potrebbero avere un ruolo secondo le ipotesi della ricerca, come i livelli di diseguaglianza sociale o anche fattori genetici, legati ad esempio alla frequenza delle coliche. “Possiamo imparare di più dalle culture ove si piange di meno - aggiunge Wolker - inclusa la possibilità che ciò sia dovuto alle abilità parentali o ad altri fattori legati alle esperienze in gravidanza o alla genetica”. Un precedente studio aveva mostrato come, ad esempio, la mamme danesi fossero più vicine ai piccoli quando piangono.

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