Ius soli, Gentiloni: “Impegno rimane”. Ap: no a fiducia

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Il premier Paolo Gentiloni durante il bilaterale Italia - Grecia, ANSA

Il premier, durante il bilaterale Italia – Grecia, ribadisce la volontà di approvare la legge entro l’autunno. Ma gli alleati di governo di Ap frenano: no alla fiducia

La legge sullo ius soli è un "impegno". Trovare i voti al Senato è "un lavoro da fare". La promessa era farlo in autunno e "siamo ancora in estate". Paolo Gentiloni scandisce parole precise. E ribadisce, sfidando le tensioni emerse nella sua maggioranza, che la legge sulla cittadinanza ai bambini stranieri era e resta nella sua agenda: nessuna resa, un tentativo sarà fatto. Al momento, però, i voti al Senato non ci sono: secondo gli ultimi calcoli del Pd solo sei o sette dei 24 senatori centristi garantirebbero il sì alla fiducia. "I ministri di Ap non daranno mai l'assenso a porla", avverte Maurizio Lupi, che guida il fronte del no. Mentre, all'opposto, il Dem Matteo Orfini chiede a Graziano Delrio e agli altri ministri pro-legge "di lavorare per accelerare".

Orfini: “No a strumentalizzazioni interne”

Le parole di Delrio, che ha definito un "atto di paura grave" lo stop alla legge, hanno lasciato scorie di tensione tra i Dem. Il ministro, che vola con Gentiloni a Corfù per il bilaterale Italia-Grecia, in giornata tace ma chi lo ha sentito racconta del suo rammarico per come la sua frase, che intendeva come un appello ai senatori, è stata accolta. "Cerchiamo di evitare almeno noi di strumentalizzare la vicenda", dichiara Matteo Orfini: "Ai ministri che chiedono lodevolmente di accelerare, suggerisco di lavorare più rapidamente per sciogliere il nodo fiducia. Perché è proprio a loro che compete questa decisione".

Ap contraria alla fiducia

A predicare calma è Matteo Renzi, che schiera il partito con il governo (sì alla fiducia, se ci saranno i voti) e invita i suoi a fare squadra, senza lacerazioni. Ma il tema è delicato (il Pd, secondo alcuni sondaggi, perderebbe voti in caso di approvazione della legge) e i tempi sono stretti. Ci sono due finestre possibili: tra il 27 settembre e la metà di ottobre, cioè dopo il Def e prima della legge di bilancio; o dopo tra fine novembre e la metà di dicembre. Ma il problema, osservano a Palazzo Madama, è che la maggioranza del gruppo di Ap è sulla linea del no scandita da Lupi. La legge, gravata da 50mila emendamenti, senza la fiducia non può passare e neanche la "fiducia di scopo" dei sette senatori di Sinistra italiana basta a compensare il no dei centristi. La destra, inoltre, non intende fare favori con assenze tattiche e annuncia barricate.

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