Riforma del lavoro: ecco cosa cambia

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Dall'articolo 18 agli ammortizzatori sociali, dai contratti alle partite iva. Tutti i cambiamenti studiati dal governo e che ora dovranno essere approvati dal Parlamento. LA SCHEDA

Ecco come si profila la riforma che il governo presenterà al Parlamento. In caso di approvazione, da subito e per tutti entreranno in vigore le norme sui licenziamenti per motivi economici e disciplinari, mentre i nuovi ammortizzatori andrebbero a regime nel 2017 e saranno finanziati con risorse fino a 1,8 miliardi.

Articolo 18

Oggi - introdotto nel 1970 nell'ambito dello Statuto dei lavoratori garantisce ai dipendenti delle imprese con più di 15 dipendenti il reintegro al lavoro nel caso di licenziamenti senza giusta causa.
Domani - da subito e per tutti i lavoratori sarà possibile essere licenziati per motivi economici. Qualora il giudice dovesse ritenere il provvedimento dell'azienda illegittimo il lavoratore non potrà essere reintegrato in azienda ma riceverà un indennizzo di 15-27 mensilità tenendo conto dell'ultima retribuzione. Sarà possibile anche il licenziamento per ragioni disciplinari. In caso di provvedimento illegittimo il giudice potrà decidere o il reintegro del lavoratore o una indennità fino a 27 mensilità in base all'anzianità. In caso di licenziamenti discriminatori resta il diritto al reintegro al lavoro che, sostiene il Governo, viene esteso anche alle aziende con meno di 15 dipendenti. Il presidente di Confindustria Marcegaglia ha però fatto notare come da questo punto di vista non cambi nulla: "Già oggi c'è il reintegro per i licenziamenti discriminatori anche nelle aziende sotto i 15 dipendenti" (GUARDA IL VIDEO). Concetto ribadito anche dalla Cgil: "Il fatto che Monti e Fornero dicano che si va verso un'estensione dell'articolo 18 ci preoccupa perché preoccupa il fatto che si dicano apertamente simili bugie" (GUARDA IL VIDEO). Da questo punto di vista, insomma, non c'è un'estensione dei diritti dei lavoratori.

Ammortizzatori sociali
La riforma entra a regime nel 2017. L'obiettivo è allargare la platea dei soggetti tutelati con minori costi attraverso un sistema su due pilastri: cassa integrazione per sostenere lavoratori e imprese in temporanea difficoltà, istituto che rimane sostanzialmente invariato, e Assicurazione sociale per l'impiego per chi perde il lavoro. La platea degli interessati dovrebbe ampliarsi a 12 milioni di lavoratori dagli attuali 8, includendo i contratti a termine (pubblica amministrazione compresa) e gli apprendisti. L'assegno per chi perde il lavoro sarà pari a un massimo di 1.119 euro con una durata non superiore ai 18 mesi. Oggi la mobilità può arrivare fino a 36 mesi per gli over 50.

Cassa integrazione ordinaria (cigo)
Oggi:
è un assegno che spetta a operai, impiegati e quadri delle aziende industriali ed edili che per avverse condizioni di mercato sospendano o rallentino l'attività produttiva. E' pari all'80% della retribuzione complessiva che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate. Viene erogata dall'Inps e finanziata dai contributi versati da imprese e lavoratori. Viene corrisposta al massimo per 13 settimane con una proroga fino a 12 mesi e, in determinati casi, il limite è elevato a 24 mesi. Domani: resterà com'è.

Cassa integrazione straordinaria
Oggi:
scatta quando la crisi porta a ristrutturazioni aziendali o a chiusura delle aziende. L'assegno è pari all'80% della retribuzione complessiva che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, per una durata massima di 24 mesi. Tra cigo e cigs si possono cumulare massimo 36 mesi in cinque anni. Domani: resterà ma solo in caso di ristrutturazioni e non per cessazioni di attività.

Cassa integrazione in deroga OGGI: dal 2009 tutela imprese e lavoratori che non hanno diritto alla cig ordinaria e straordinaria cioè le imprese con meno di 15 dipendenti oppure i dipendenti in aziende da 15 dipendenti in su che non godano di cigo e cigs (apprendisti, tempi determinati, lavoratori a domicilio e somministrati), e le imprese industriali con più di 15 lavoratori che hanno finito il periodo della cigs. L'indennità, viene finanziata da Stato e Regioni, è pari all'80% dell'ultima retribuzione fino al tetto massimo stabilito e può essere erogata al massimo per 12 mesi. DOMANI: scomparirà e sarà sostituita dall'Aspi.

Indennità di mobilità
Oggi:
spetta ai lavoratori che perdono il lavoro per ristrutturazione aziendale o chiusura. Dura da un anno a un massimo di 36 mesi per i lavoratori che abbiano più di 50 anni. Per i lavoratori del Mezzogiorno dura fino a 48 mesi. Viene finanziata dall'Inps con l'aiuto delle imprese. L'assegno è pari al 100% della cigs per i primi 12 mesi e poi all'80%. Domani: scomparirà e sarà sostituita dall'Aspi.

Indennità di disoccupazione
Oggi:
spetta ai singoli dipendenti licenziati per ragioni indipendenti dalla loro volontà. Dura 8 mesi per chi ha meno di 50 anni ed è pari per i primi 6 mesi al 60% della media delle ultime tre buste paga, per scendere al 50% nei restanti due mesi; dura 12 mesi per gli over 50 con una indennità per i primi 6 mesi del 60%, del 50% per i successivi due, e del 40% per i rimanenti 4 mesi.
Domani: scomparirà e sarà sostituita dall'Aspi.

Aspi Prenderà il posto dell'indennità di mobilità, degli incentivi di mobilità, della disoccupazione per apprendisti, della cig in deroga e delle una tantum per i cocopro. Si applicherà a tutti i lavoratori privati con contratto a tempo indeterminato e determinato e ai dipendenti della pubblica amministrazione a termine. Vale anche per gli apprendisti e gli artisti. I requisiti per accedervi sono: 2 anni di anzianità e almeno 52 settimane di lavoro nell'ultimo biennio. Dura 12 mesi, 18 per i lavoratori over 55 anni. Si abbatte del 15% dopo i primi 6 mesi e di un ulteriore 15% dopo altri 6. Nel complesso riduce i tempi di percezione degli attuali sussidi. Prevede un'indennità con un tetto a 1.119 euro. L'aliquota contributiva è dell'1,3% per chi lavora a tempo indeterminato e dell'1,4% per chi non lo è. Previsto anche un contributo di licenziamento da parte delle imprese da versare all'Inps per i rapporti a tempo indeterminato. Si applica anche agli apprendisti nei casi diversi dalle dimissioni.

Contratti

Oggi esistono in Italia oltre 40 forme di contratto flessibile. Obiettivo del governo è di razionalizzarle e di controllarne la corretta applicazione da parte delle imprese agevolando l'accesso dei giovani nel mondo del lavoro.

Contratto a termine
Oggi:
dura al massimo 36 mesi, non può superare il 10% della forza lavoro e dà gli stessi diritti del tempo indeterminato. DOMANI: aumenteranno i contributi a carico delle imprese (1,4% in più) ma per chi stabilizza il rapporto di lavoro saranno restituiti 6 mesi di maggiorazione. L'aumento servirà a finanziare l'Aspi.

Apprendistato
Oggi:
è un contratto per giovani tra i 16 e i 29 anni che prevede retribuzione e formazione professionale. Viene qualificato come un contratto a tempo indeterminato nel senso che il datore di lavoro deve fare domanda di disdetta se vuole recedere. Può essere di tre tipi.
Domani: dovrebbe diventare il canale privilegiato per l'accesso dei giovani al mondo del lavoro. Dovrà avere durata minima con l'obbligo di trasformare una parte degli apprendisti in dipendenti a tempo indeterminato.

Partita Iva
Oggi:
è quella aperta dai liberi professionisti che svolgono lavoro autonomo.
Domani
: per disincentivare l'uso di quelle fittizie, la riforma prevede che la partita Iva sia trasformata in collaborazione subordinata qualora si dimostri che il rapporto di lavoro superi i 6 mesi in un anno, valga oltre il 75% dei ricavi del lavoratore, e il lavoratore abbia una postazione presso il committente.

Part-time e collaborazioni - La riforma prevede l'obligo di comunicazione amministrativa del part-time per ogni variazione di orario al fine di limitarne gli abusi. Per i contratti a progetto sarà necessaria una definizione più stringente del progetto e aumenteranno i contributi. Speriscono gli stage non retribuiti così come l'imposizione delle cosiddette dimissioni in bianco.

Modello tedesco
Diversi commentatori parlando del nuovo sistema citano il modello tedesco come modello a cui sarebbe ispirato. Come però nota l'inviato in Italia della televisione Ntv Udo Gumpel (GUARDA IL VIDEO) durante una diretta a SKyTG24, in realtà il sistema usato in Germania è diverso.
Nelle aziende tedesche, infatti, esiste la cogestione: le principali decisioni aziendali, compresi i licenziamenti, vengono infatti presi con l'approvazione dei rappresentati dei lavoratori. In caso di licenziamento, anche economico, inoltre, in Germania ci si può appellare al giudice che può predisporre il reintegro.

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