Strage nel Mediterraneo, l'Unhcr: 170 morti e dispersi in due naufragi

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117 sono dispersi dopo che un gommone è affondato a largo della Libia. Altri 53 sono morti nel mare di Alboran. Mattarella: "Profondo dolore". Conte: "Scioccato, non cambiamo linea". Salvini: "Cuori aperti, porti chiusi". Tre superstiti: "Meglio la morte della Libia"

Il 2019 inizia con nuove stragi di migranti nel Mediterraneo. Almeno 117 le persone disperse che erano a bordo del gommone avvistato il 18 gennaio al largo delle coste della Libia, non 20 come ipotizzato in un primo momento. Il bilancio aggiornato è stato comunicato dal portavoce dell'Oim, Flavio Di Giacomo. Altre 53 persone hanno invece perso la vita in un naufragio avvenuto nei giorni scorsi nel Mare di Alborán, nel Mediterraneo occidentale. "Un sopravvissuto - afferma l'Unhcr - dopo essere rimasto in balia delle onde per oltre 24 ore, è stato soccorso da un peschereccio e sta ricevendo cure mediche in Marocco". L'Unhcr in una nota esprime "profondo dolore" per le "persone che sarebbero morte o disperse nel Mediterraneo a seguito di due differenti naufragi". 

Il cordoglio delle istituzioni. Unhcr: "Basta azioni contro Ong" 

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso "profondo dolore per la tragedia". Si è detto invece "scioccato da questa nuova strage il premier Giuseppe Conte in visita a Matera. "Siamo più convinti di prima - ha aggiunto - nel contrastare i trafficanti". "Sono crimini contro l'umanità", ha poi ribadito Conte. E' intervenuto anche il ministro Salvini: "Se si aprono i porti si torna a morire" ha detto. E ha aggiunto: "cuori aperti, ma porti chiusi". "Non si può permettere che la tragedia in corso nel Mediterraneo continui", ha attaccato invece Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati. "Non possiamo chiudere gli occhi di fronte all'elevato numero di persone - ha proseguito - che stanno perdendo la vita alle porte dell'Europa. Nessuno sforzo deve essere risparmiato, o precluso, per salvare le vite di quanti sono in pericolo in mare". L'Unhcr, che ha ricordato come 2.262 persone abbiano perso la vita nel 2018 nel tentativo di raggiungere l'Europa lungo le rotte del Mediterraneo, si è detta "preoccupata che le azioni degli Stati dissuadano sempre più le Ong dall'effettuare operazioni di ricerca e soccorso, e lancia un appello affinché siano revocate immediatamente". 

I superstiti: "Meglio la morte che la Libia"

Il portavoce dell'Oim, Flavio Di Giacomo, ha riportato le parole degli unici tre superstiti del naufragio a largo di Tripoli: "I tre sopravvissuti arrivati a Lampedusa ci hanno detto che erano in 120. Dopo 11 ore di navigazione hanno imbarcato acqua e hanno cominciato ad affondare e le persone ad affogare. Sono rimasti diverse ore in acqua. Tra i dispersi, al momento 117, ci sono 10 donne, di cui una incinta, e due bambini, di cui uno di 2 mesi". Fonti dei soccorritori hanno riferito all'Ansa che i migranti non indossavano giubbotti di salvataggio. Dei tre superstiti del naufragio a largo di Tripoli, due sono riusciti a salire sulla zattera gonfiabile lanciata in mare da un velivolo dell'Aeronautica e uno era in acqua. "Meglio morire che tornare in Libia", hanno raccontato i tre sopravvissuti. Sotto shock, in ipotermia e traumatizzati, i superstiti sono stati accolti a Lampedusa. Hanno parlato delle "violenze e gli abusi" cui sono stati sottoposti in Libia. "Siamo rimasti tre ore in mare, sperando che qualcuno si accorgesse di noi", hanno detto ai soccorritori.  (LO SPECIALE MIGRANTI).

Guardia Costiera: notizia girata ad autorità libica

La Guardia Costiera ha spiegato che "l'operazione di soccorso, sotto il coordinamento libico, si è conclusa nella notte di ieri dopo l'intervento di un elicottero della Marina Militare italiana, che ha tratto in salvo tre naufraghi. Una nave mercantile dirottata dai libici, giunta in zona, ha effettuato un'attività di ricerca non trovando alcuna traccia del gommone". La Guardia Costiera italiana ha poi precisato di aver "immediatamente verificato che la Guardia Costiera libica fosse a conoscenza dell'evento in corso all'interno della sua area di responsabilità (la cosiddetta SAR, ndr), assicurando alla stessa la massima collaborazione". Alla ONG Ong Sea Watch, che per prima aveva avvistato il gommone e aveva chiesto di poter intervenire, la Guardia Costiera aveva replicato che il naufragio era avvenuto in acque di competenza delle autorità libiche. 

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