Afghanistan, torture e umiliazioni nel carcere segreto della Cia

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Il quartier generale della Cia a Langley, Virginia (Getty Images)
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Inchiesta del Guardian sui file desecretati riguardanti la prigione nota come "La Tenebra". Qui, nel novembre del 2002, un cittadino pakistano è morto per ipotermia a causa delle condizioni di detenzione

Il nome in codice era Cobalt, anche se i prigionieri che vi ci erano rinchiusi la chiamavano "La Tenebra". Era la prigione segreta della Cia in Afghanistan in cui, tra il 2002 e il 2003, sono stati rinchiusi e torturati prigionieri sospettati di avere legami con Al Qaeda. Un'inchiesta esclusiva pubblicata dal The Guardian ne ha svelato a 15 anni di distanza il funzionamento.

Le celle d'isolamento

Secondo quanto rivelato dal quotidiano britannico, la struttura è stata utilizzata dall'intelligence statunitense durante gli anni della cosiddetta "guerra al terrore" contro l'organizzazione terroristica al tempo capeggiata da Osama Bin Laden. Si trattava, stando a documenti desecretati e pubblicati dal The Guardian, di una struttura di venti celle completamente oscurate in cui i prigionieri venivano sottoposti a deprivazione sensoriale. In sedici di questi loculi i detenuti erano incatenati a un anello di metallo attaccato al muro, mentre nelle altre quattro venivano privati del sonno e appesi per i polsi a una barra sospesa sopra le loro teste.

Le tecniche di tortura

Nelle carte pubblicate, vengono descritti nei minimi particolari quelle che sono state le brutali strategie d'interrogatorio previste dallo speciale protocollo seguito dagli agenti. I prigionieri venivano lasciati per intere giornate pressoché nudi, al buio, al freddo, con pochissimo cibo e sottoposti a getti di acqua gelata. Per stordirli, i carcerieri mantenevano, 24 ore su 24, la musica ad altissimo volume. Inoltre, riporta l'inchiesta, ad alcuni detenuti veniva anche requisito il catino di plastica per le necessità corporali. Una dotazione, questa, che era consentita nelle celle di detenzione normale, ma vietata ai sospettati sotto interrogatorio, che erano invece costretti a indossare un pannolone.

Il caso Rahman

Il caso è diventato noto dopo che la Cia è stata obbligata a desecretare i verbali del patteggiamento extragiudiziale raggiunto da John "Bruce" Jessen e James Mitchell, i due psicologi accusati di aver messo a punto i brutali metodi d'interrogatorio utilizzati nella "Tenebra". A sporgere denuncia contro i due medici assoldati dalla Cia, sono stati due ex detenuti sopravvissuti al carcere, Mohamed Ben Soud e Suleiman Abdullah Salim, e la famiglia di Gul Rahman, un cittadino pakistano rimasto vittima delle torture. Rahman, che si trovava in una delle quattro celle speciali, è stato trovato morto con addosso solo il pannolone e un paio di calzini. I documenti, hanno permesso di ricostruire dettagliatamente quelle che sono state le ultime ore di Rahman. L'uomo è morto dopo 69 giorni dall'apertura del carcere che, al tempo, era gestito da un uomo chiamato Matthew Zirbel e che, stando alle carte, non aveva alcuna esperienza nella guida di un penitenziario.

L'agonia di Raham

A complicare le sorti di Rahman è stata, secondo il quotidiano britannico, l'arrivo di Jessen nel carcere. Dalle registrazioni pubblicate si è appreso che lo psicologo ha, per più volte, ignorato le lamentele del prigioniero in custodia affermando come quest'ultimo stesse utilizzando "sofisticate tecniche di resistenza" apprese da Al Qaeda, pur di non rispondere alle domande. Quando Raham diceva di avere freddo e "non riuscire a pensare a causa del gelo", Jessen rispondeva che in realtà il prigioniero stava fingendo, invitando Zirbel ad aumentare il livello della tortura fino a farlo parlare. Dopo 1000 ore di sevizie, Raham è stato ritrovato privo di vita all'interno della sua cella. La causa del decesso ufficiale è ipotermia.

Dopo lo scandalo

L'inchiesta del The Guardian ha permesso di appurare che i due psicologi hanno ottenuto dalla Cia milioni di dollari per mettere a punto il loro protocollo. Lo storico patteggiamento extragiudiziale raggiunto con i loro accusatori ha permesso, per la prima volta, un risarcimento ai sospetti jihadisti torturati all'interno del carcere. I due esperti sono stati, infine, dirottati dalla Cia verso lavori di consulenza di routine e i prigionieri rimasti a "Cobalt" sono stati trasferiti nella prigione cubana di Guantanamo, dove hanno ottenuto un miglioramento delle condizioni detentive.

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