Ferguson, ancora proteste. L'agente: ho fatto il mio dovere

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Prima intervista di Darren Wilson, dopo che il Gran giurì ha deciso di non incriminarlo per la morte del 18enne nero Michael Brown. Seconda notte di proteste in Missouri e nelle più grandi città americane. Obama: "Non ci sono scuse per le violenze". VIDEO

Mi dispiace molto per la perdita di una vita, ma ho fatto semplicemente il mio lavoro. Non è stata un'esecuzione e ho la coscienza pulita". E' il racconto dell'agente Darren Wilson, nella sua prima intervista dopo che il Gran giurì ha deciso di non incriminarlo per la morte del diciottenne nero Michael Brown la scorsa estate. Intanto continuano le proteste in molte città del Paese e il presidente Obama ha condannato duramente le violenze.

Il racconto di Wilson - Il poliziotto, che finora aveva mantenuto il silenzio, ha raccontato all'anchorman George Stephanopoulos della Abc la dinamica di quel maledetto giorno, quando ha affrontato il teenager dopo averlo fermato perché sospettato di un furto di sigari. "Mi ha sbattuto la portiera contro, ho cercato di respingerlo e mi ha dato un pugno, c'è stata una colluttazione. Ho cercato di afferrare il suo braccio, mi sono reso contro della forza che aveva. Mi sembrava Hulk".
"Quando gli ho detto di allontanarsi altrimenti avrei sparato, lui ha messo le mani sull'arma, ha cercato di afferrala. Allora ho sparato. Lui si è arrabbiato di più. E' uscito dall'auto ed è fuggito, mentre io chiedevo rinforzi". "Perché non si è fermato? Perché lo ha inseguito?", gli chiede il giornalista. "Perché era il mio dovere. Ci addestrano per quello", risponde il poliziotto. "Poi ho visto che ha messo una mano in alto, a forma di pugno mentre l'altra era nella cintura". "Testimoni hanno detto che Brown aveva le mani alzate", fa notare il reporter. "Assolutamente no, non e' corretto", dice Wilson. "Quando si è avvicinato mi sono chiesto: posso legalmente sparargli?' E mi sono detto che dovevo farlo e ho sparato. Mi dispiace, ma non avrei fatto nulla di diverso quel giorno. La mia coscienza e' a posto".

Seconda notte di proteste in tutto il Paese
- La decisione del Gran giurì di non incriminare il poliziotto ha scatenato la protesta non solo a Ferguson, ma in tutto il Paese e la seconda notte di tensioni e incidenti con la polizia si è registrata a Ferguson, in Missouri, e in tutte le più grandi città americane. Migliaia di persone sono scese in strada a New York, nella zona di Union Square e marciando verso Midtown sono arrivate a bloccare l'entrata del Lincoln Tunnel per una ventina di minuti. Alcune fonti parlano di diversi arresti. Altre manifestazioni ci sono tra le altre a Washington, Los Angeles, Chicago e Baltimora.

Obama: "Non ci sono scuse per le violenze" - Nella serata di martedì, il presidente Barack Obama ha condannato le violenze: "Bruciare edifici, dare fuoco alle auto, distruggere le proprietà e mettere le persone in pericolo, non ci sono scuse per questo, questi sono atti criminali", ha detto da Chicago. "Negli ultimi decenni - ha aggiunto il presidente - abbiamo fatto enormi progressi nelle relazioni razziali ma e' sicuramente vero che ci sono ancora dei problemi e che le comunità di colore questi problemi non li inventano". Obama ha così esortato le forze dell'ordine ad intervenire "con moderazione".

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