Internet Bill of Rights, dall'Italia al resto del mondo

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Raffaele Mastrolonardo

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Non è solo il nostro Paese a ragionare su come incorporare la rivoluzione digitale nelle leggi. Come da noi, anche in altri Stati ci si interroga e si istituiscono commissioni ad hoc sull'argomento. E in qualche caso, la Rete arriva nella Costituzione

Per ora si tratta di una bozza che sarà oggetto di consultazione pubblica. Ma l'obiettivo è farla diventare una vera e propria Dichiarazione dei diritti in Internet che serva di riferimento per i futuri interventi normativi che hanno a che fare con la Rete. Il documento, presentato il 13 ottobre scorso dalla commissione istituita a luglio dal presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, si compone di 14 articoli che toccano alcuni dei temi più scottanti del web contemporaneo: dal diritto all'accesso alle questioni della privacy e dell'anonimato, al diritto all'oblio, alla cosiddetta neutralità della Rete, ovvero il divieto di discriminazioni tra i dati che scorrono nei cavi Internet.
La bozza sarà in discussione per 4 mesi a partire dal 27 ottobre. Al termine l'Italia avrà un testo che potrà, eventualmente, servire da base per successivi interventi normativi. “Come tutte le dichiarazioni non ha un valore giuridico ma agisce nello spazio simbolico e delle idee”, spiega Juan Carlos De Martin, co-fondatore del Centro Nexa su Internet & Società e membro della Commissione. “Starà al parlamento, se lo riterrà, dare gambe al testo con leggi o emendamenti alla Costituzione”.

Con questa mossa l'Italia si inserisce in un movimento politico e culturale internazionale che spinge perché i diritti classici siano aggiornati tenendo conto della diffusione della Rete, uno spazio che ha aperto la strada a nuove opportunità ma anche a nuove problematiche, come le rivelazioni sui programmi di sorveglianza elettronica portati avanti dal governo Usa stanno dimostrando. Anche per questo sono parecchi i Paesi che stanno procedendo in una direzione analoga alla nostra seppure con approcci, tempi e modalità diverse. Vediamone alcuni.

Brasile – Tra gli Stati che più hanno preso a cuore la tutela dei diritti ai tempi di Internet c'è sicuramente il Brasile. Nell'aprile di quest'anno la nazione sudamericana ha varato il cosiddetto Marco Civil alcune delle questioni più controverse degli ultimi tempi. La legge, fra le altre cose, impone ai fornitori di connettività l'obbligo di neutralità e stabilisce “l'inviolabilità e la segretezza del flusso di comunicazioni dell'utente” salvo che non intervenga un provvedimento giudiziario. Varata sulla scorta delle intercettazioni che hanno riguardato anche il presidente Dilma Rousseff, la norma tutela il diritto alla riservatezza dei dati sancendo che i fornitori di servizi come Facebook o Google saranno soggetti alla legge nazionale qualora si verifichino violazioni della privacy che coinvolgono cittadini brasiliani. La cosa varrà anche se le informazioni in questione sono ospitate in server che risiedono fuori dai confini nazionali. Per il resto, il Marco Civil riconosce “l'accesso a Internet” come “essenziale all'esercizio della cittadinanza” e stabilisce che il “diritto alla privacy e alla libertà di parola nelle comunicazioni” sono condizioni necessarie perché quel diritto possa essere esercitato pienamente. La legge ha ricevuto l'appoggio di Tim Bernsers-Lee, l'inventore del Web.

Francia – Anche in Europa si riflette sull'impatto della Rete su doveri e libertà. L'estate scorsa in Francia è stata istituita, in seno all'Assemblea nazionale, una Commissione per i diritti nell'era digitale. Composta di 13 parlamentari e 13 esperti, ha l'obiettivo di stabilire principi e dottrine, durevoli e trasversali, riguardo a temi come la privacy e la libertà di espressione, il diritto all'informazione e la neutralità della Rete. I risultati della commissione saranno comunicati in un rapporto pubblico. In Francia comunque non si parte da zero. Nel 2009, il Consiglio costituzionale ha di fatto stabilito che l'accesso a Internet è un diritto fondamentale dal momento che l'uso di mezzi di comunicazione online, nella società contemporanea, è necessario per poter esercitare pienamente la libertà di espressione sancita dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789.

Regno Unito – Anche la Gran Bretagna ha scelto una via analoga all'Italia. Anche se lo spazio di azione sembra, almeno a prima vista, più ristretto. A fine 2013 è stata infatti istituita la commissione parlamentare sulla “Democrazia digitale”. L'obiettivo è esplorare quali opportunità abbia aperto la Rete per la democrazia. I lavori si sono concentrati su temi come l'attività legislative nell'era digitale, lo scrutinio digitale, la rappresentanza, la partecipazione e il voto elettronico. Un report è atteso per il prossimo gennaio.

Germania – Più avanti ancora si è spinta la Germania. All'inizio del 2014 il parlamento tedesco ha istituito una Commissione permanente sull'Agenda Digitale dedicata alle politiche che riguardano Internet. Si tratta, nelle intenzioni dei deputati tedeschi del luogo in cui si discutono i vari aspetti sulla digitalizzazione e la diffusione della rete da un punto di vista interdisciplinare. L'obiettivo, si legge nella pagina web di presentazione, è di diventare “un catalizzatore del lavoro parlamentare nel suo complesso”.

Grecia – Altrove il cambiamento sociale e culturale introdotto da Internet ha già trovato spazio nella normativa. In Grecia è accaduto nella legge più importante, la Costituzione, che all'articolo 5A garantisce a chiunque “il diritto a partecipare alla Società dell'Informazione”. La carta stabilisce inoltre che tra i doveri dello Stato c'è quello di facilitare sia “l'accesso all'informazione trasmessa elettronicamente” che la sua produzione, lo scambio e la diffusione.

Nazioni Unite - Sulla stessa linea si sono espresse più volte negli ultimi anni le Nazioni Unite. Prima in un rapporto del 2011 sulla promozione del diritto di opinione, poi in una risoluzione del Consiglio dei diritti umani in cui si legge, fra le altre cose, che “gli stessi diritti che le persone hanno offline devono essere protetti online, in particolare la libertà di espressione, che è applicabile indipendentemente dalle frontiere e su ogni media scelto”.

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