Elezioni Catalogna, Ciu arretra. Sfuma sogno indipendenza

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Il partito del presidente uscente Artur Mas resta primo ma non ottiene la “maggioranza eccezionale” chiesta per avallare la sfida secessionista e perde ben 12 seggi rispetto al 2010. “La situazione non è facile ma andremo avanti”

Hanno vinto in ordine sparso i partiti indipendentisti catalani, ma a Barcellona Artur Mas, l'uomo che aveva lanciato il guanto di sfida secessionista a Madrid portando in piazza un milione e mezzo di persone, mastica amaro, riconoscendo la sua sconfitta relativa di fronte ai suoi militanti. Un'affluenza storica per il rinnovo del Parlamento regionale ha confermato il primo posto del suo Convergencia i Unio, il partito autonomista moderato, anche se c'è stato un crollo di 12 seggi, da 62 a 50. Per Mas, il presidente uscente della Generalitat, è una vittoria relativa che ha in realtà il sapore della sconfitta: non solo non ottiene la 'maggioranza eccezionale' chiesta per avallare la sua sfida indipendentista, ma perde ben 12 seggi rispetto al 2010. E si allontana ancora di più dalla maggioranza assoluta di 68 seggi sui 135 del Parliament, alla quale puntava dopo aver convocato le elezioni anticipate.

"Siamo lontani dalla maggioranza che avremmo voluto raggiungere", ha spiegato il presidente. "La gente ha parlato, e siamo consapevoli delle conseguenze di questo voto", ha aggiunto Mas, ricordando per ché "non esiste nessun governo alternativo" senza CiU e spiegando di "non essermi pentito di avere chiamato il popolo alle urne". Il presidente uscente della Catalogna ha poi detto che a questo punto "la situazione non è facile ma andremo avanti, riconoscendo che "dobbiamo riflettere su quello che vogliamo per la Catalogna".

Le forze indipendentiste si sono in parte dirottate su Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), che raddoppia i seggi, diventando la chiave per realizzare il progetto secessionista con 21 seggi. E avanza nel Parlament il fronte dei partiti favorevoli a un referendum sull' 'Estato Propio', lo Stato indipendente o almeno più autonomo rispetto ad oggi. Ma essendo molto difficile, secondo gli osservatori, una coalizione tra CiU e Erc, paradossalmente il referendum annunciato sembra più lontano.

Debacle annunciata per il Partit del Socialistes de Catalunya (Psc), che dai 28 seggi attuali scende a 20, e registra uno dei peggiori risultati della sua storia. Aveva 52 seggi all'epoca di Pascual Maragall, il popolare ex sindaco di Barcellona. E' un'emorragia senza fine per le ferite lasciate da 7 anni di governo tripartito con Erc e Icv, ma, soprattutto, per la mancanza di una road map credibile. A 19 seggi il Partito Popolare, che con la sua crociata contro la secessione è riuscito comunque a mobilitare l'elettorato 'unionista' e a superare i 18 seggi ottenuti due anni fa.

In mancanza del plebiscito indipendentista per CiU, per realizzare il grande sogno catalano al quale è approdato nell'ultimo anno Artur Mas dovrebbe ora allearsi ai piccoli partiti nazionalisti e dell'estrema sinistra: come i 3 seggi di Candidatura d'Unitat Popular (CUP), che esordisce nel Parlamento catalano con i voti indipendentisti della sinistra localista. O gli eco-socialisti di Iniciativa para Catalunya Verd (ICV) di Joan Herrera, che puntando sulla difesa dei diritti sociali hanno migliorato di 3 seggi il risultato del 2010, ora a quota 13.

Alla fine della durissima campagna elettorale, Mas era riuscito a uscire indenne dai veleni sollevati dalle accuse di corruzione e sui presunti conti svizzeri dei leader di CiU. Ma sul voto, che ha premiato partiti come Ivc (avevano puntato sulla difesa dei diritti sociali e contro i tagli), ha pesato il bilancio sulle politiche di austerità realizzate durante la sua gestione. E cioè il salvataggio economico della Catalogna per 5,5 miliardi; il taglio del 20% degli stipendi dei dipendenti pubblici; la riduzione di un terzo dei beneficiari del reddito minimo sociale. Avendo tagliato i ponti con il Pp, quella che Mas ha davanti è una strada tutta in salita: l'approvazione di un'altra finanziaria lacrime e sangue, alla quale il possibile socio indipendentista di sinistra Erc si oppone.

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