Sandy e i social media, tra bufale e verifiche 2.0

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The Atlantic ha condotto una serie di verifiche sulle immagini diventate popolari sui social media durante l'uragano Sandy. Molte sono risultate false - Credits: The Atlantic
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Come già accaduto durante altre tragedie, Twitter e altri social network sono stati utilizzati anche per diffondere allarmi infondati. Dal ‘troll’ che ha diffuso rumor pericolosi a foto ritoccate per gioco, ecco come sono state bloccate le false notizie

di Nicola Bruno

Squali e leoni marini tra le strade allagate di New York. La Statua della Libertà travolta dalle acque come in una scena di “L’alba del giorno dopo”. La stazione della metro di Times Square con i sommozzatori in azione. E poi molti “rumor” infondati che parlavano di black-out dell’elettricità esteso a tutta Manhattan, di Wall Street inagibile per le acque, di chiusura della metropolitana per una settimana intera. Nel mezzo dell’uragano Sandy che ha colpito la costa nord est degli Stati Uniti, i social media si sono dimostrati ancora una volta un importante strumento per la distribuzione di notizie di prima necessità. Ma anche una cassa di risonanza di allarmi senza fondamento e immagini manipolate al computer. Tanto che, all’indomani della tragedia, si è riaperto il dibattito sul ruolo (e i rischi) dei social network durante una situazione di crisi.

Sandy 2.0 - Anche nel caso dell’uragano Sandy molti cittadini hanno utilizzato i social media per informarsi sull’evolversi della situazione e condividere risorse di prima mano. Con modalità diversificate a seconda del servizio utilizzato. Secondo i primi dati diffusi dal social network di Mark Zuckerberg, alle 10 di mattina (ora locale) di lunedì 30 Ottobre, il messaggio più condiviso in assoluto è stato “I’m OK” (sto bene), seguito dalla situazione dell’elettricità (“lost power, have power, no power”) e dalla segnalazione dei danni (“damage”). Insomma, come ha scritto il blog TechCrunch, Facebook si è confermata una buona “macchina della rassicurazione”, così come tra l’altro aveva invitato a fare l’account Twitter di FEMA (Ente federale per la gestione delle emergenze statunitense) chiedendo di utilizzare i social network al posto dei telefoni per mettersi in contatto con i conoscenti.
L’arrivo dell’uragano ha visto anche impennarsi il numero di immagini condivise su Instagram: secondo i dati interni, nella giornata di Lunedì sono stati pubblicati 10 scatti al secondo con gli hashtag #hurricanesandy, #sandy e #frankenstorm. Allo stesso modo Twitter si è confermata un’agenzia in tempo reale in cui trovare informazioni iper-locali (con hashtag personalizzati del tipo: #ConeyIsland, #NJ) e ricevere gli ultimi alert delle autorità. Anche qui con un ritmo di aggiornamento impressionante: tra le 9 e le 11 di mattina locali, sono stati condivisi oltre 400.000 tweet su #Sandy.

Il troll dei falsi allarmi - Proprio su Twitter, comunque, molte autorità si sono ritrovate a dover smentire diversi falsi allarmi che parlavano di riapertura delle linee metropolitane, di operai bloccati nelle centrali elettriche di Manhattan e finanche del New York Stock Exchange completamente allagato. Come ha poi ricostruito la testata online Buzzfeed, alcuni di questi rumor sono stati lanciati dall’account @ComfortablySmug, riconducibile a un operatore finanziario di Wall Street, ora impegnato come campaign manager per un candidato Repubblicano alla Camera. In mezzo a molte notizie veritiere, ComfortablySmug ha pubblicato anche decine di messaggi volutamente allarmistici. Uno in particolare - relativo all’allagamento del palazzo in cui ha sede il New York Stock Exchange - è stato ripreso dalla CNN e da Weather Channel.



Dopo esser stato smascherato, ComfortablySmug ha pubblicato una lettera di scuse, senza però firmarsi. Nel frattempo, un consigliere della Città di New York si è attivato per denunciare l’autore dei tweet. E in rete infiamma il dibattito se sia giusto ‘punirlo’ oppure no. Come ha spiegato l’avvocato Ken Paulson alla testata GigaOm, “se si vieta qualcosa su Twitter, dovresti poi proibirlo anche nelle normali conversazioni”.

Verificare le immagini – Se i social media si confermano un potente propagatore di bufale, dall’altra parte diventa sempre più evidente lo sforzo che fanno molti utenti e giornalisti per rettificare le false notizie e così a “disinfettare” il flusso dell’informazione.
Da questo punto di vista, il lavoro migliore di verifica è stato condotto su alcune delle foto diventate popolari mentre Sandy si abbatteva su New York. Il blog Is Twitter Wrong, lanciato lo scorso agosto da un giornalista di MSN per raccogliere le immagini ritoccate che circolano sui social network, ha iniziato a segnalarne molte insieme al sito web del mensile The Atlantic. Lo stesso hanno fatto altre testate a stelle e strisce, lanciando prima l’hashtag #FakeSandy e poi aggregando i risultati in uno Storify. Per quanto la stessa tecnologia possa venire in aiuto, spesso sono gli stessi utenti di Twitter che collaborano con i giornalisti online per portare avanti questo difficile lavoro di verifica. E proprio per questo, scrive il blog tecnologico PandoDaily, in situazioni di crisi come quella dell’uragano Sandy “arrestare il flusso di informazione diventa importante quanto aprire i cancelli a tutti”.

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