Egitto, Mohamed Morsi è il nuovo presidente

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Il leader dei Fratelli Musulmani è il primo capo di Stato democraticamente eletto. Ha battuto Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro di Mubarak. Esplode la gioia in Piazza Tahrir. Festa anche a Gaza. Israele: "Rispettiamo il voto"

Dopo trent'anni di regime di Hosni Mubarak, il suo successore, il primo democraticamente eletto nella storia d'Egitto, sarà un Fratello musulmano. Ci sono vari aspetti che rendono storiche queste elezioni presidenziali i cui risultati sono stati annunciati domenica 24 maggio dopo un'attesa snervante di una settimana, durante la quale il candidato dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi e il suo rivale, l'ultimo premier sotto Hosni Mubarak, Ahmad Shafiq, hanno entrambe cantato vittoria.
Ma a vincere alla fine è stato Mohamed Morsi, col 51,73% delle preferenze pari a 13.230.131 voti contro i 12.347.038 del suo avversario e cioè il 48,27% dei voti. Uno scarto di quasi novecentomila voti.
Subito dopo l’annuncio della sua vittoria da parte del presidente della Commissione elettorale, in Piazza Tahrir, luogo simbolo della rivoluzione che portò lo scorso anno alla caduta di Mubarak, è esplosa la festa.
"Sarò il presidente di tutti gli egiziani" ha detto nel suo primo discorso da presidente dell'Egitto. Il candidato dei Fratelli musulmani ha anche reso omaggio ai "martiri" della rivoluzione sottolineando che "la rivoluzione continua". Poi, ha lanciato un appello all'unità nazionale e ha promesso di "rispettare i trattati internazionali".

Dalle prigioni di Mubarak a suo successore - Ingegnere con un dottorato della Southern California University, il primo presidente non militare nella storia del paese è anche stato spesso nelle prigioni di Mubarak, quando la Confraternita era un movimento illegale in Egitto. L'ultima volta, Morsi è finito in prigione nel 'venerdì della rabbia', il primo della rivoluzione di gennaio. Con un rovesciamento della sorte impensabile un anno e mezzo fa, un islamista detenuto da Hosni Mubarak succede così da presidente proprio al raìs, condannato all'ergastolo il 2 giugno scorso per aver soffocato la protesta nel sangue e in coma da alcuni giorni in seguito a un ictus cerebrale.
Morsi diventerà il presidente del più popoloso paese arabo, considerato strategico per la sua vicinanza con Israele col quale ha firmato gli accordi di pace di Camp David e perché attraversato dal Canale di Suez. La sua vittoria è storica non solo per l'Egitto, ma per tutto il Medio Oriente.

Tra militari e Fratelli musulmani il braccio di ferro continua - La vittoria di Morsi chiude la fase di confusione e incertezza dell'ultima settimana, ma non apre quella della fine delle rivendicazioni della piazza. Malgrado voci insistenti degli ultimi giorni secondo le quale l'annuncio della sua vittoria sarebbe stato il frutto di un accordo con i militari in cambio dell'accettazione delle modifiche costituzionali e lo scioglimento del Parlamento, in serata uno dei massimi esponenti del partito della Fratellanza, Mohamed el Beltagui, ha detto che i Fratelli musulmani la piazza non la sgombrano.
Proseguirà il sit in, ha affermato davanti alle migliaia di supporter di Morsi in festa a Tahrir, fino a che le modifiche costituzionali, che attribuiscono nuovi importanti poteri ai militari, non saranno ritirate. Un altro esponente dei Fratelli musulmani ha detto che Morsi giurerà davanti al Parlamento, sciolto dalla corte costituzionale.
La tensione palpabile si stempera, ma il braccio di ferro fra Fratelli e militari, a giudicare dalle prime prese di posizione, non sembra attenuarsi.

Reazioni – Pochi minuti dopo la proclamazione di Morsi presidente, sono fioccate anche congratulazioni. Fra le più significative, quella del capo del Consiglio militare Hussein Tantawi, seguita da una dichiarazione sulla pagina Facebook in cui la giunta auspica che Morsi sappia assumersi la responsabilità del popolo "in rivolta" e sollecita una riconciliazione nazionale. Auguri anche dalla Chiesa copta che notoriamente aveva, anche se non esplicitamente, indirizzato i fedeli verso Shafiq.
L’Europa e gli Stati Uniti hanno espresso soddisfazione per un esercizio elettorale democratico e sperano che l'islam politico si declini in una prova democratica senza venire risucchiato da suggestioni fondamentaliste.
In un comunicato di poche righe il governo di Israele ha reso noto di "apprezzare il processo democratico" e di rispettarne l'esito. Con una precisazione: "Israele si attende che la cooperazione con il governo egiziano prosegua sulla base degli accordi di pace fra i due Paesi, che è nell'interesse di entrambi i popoli e che contribuisce alla stabilità regionale".
Una sorta di appello, venuto dopo gli apprezzamenti dei grandi nemici dello stato ebraico. In primo luogo l'Iran, le cui relazioni diplomatiche con il Cairo sono interrotte dal 1980. E anche se gli sciiti di Teheran non amano particolarmente i sunniti, ben diverse sono le prospettive dei rapporti tra i due Paesi anche alla luce degli inevitabili aggiustamenti della politica estera egiziana, la più filo-occidentale dell'area e antitetica allo scontro frontale bandiera degli ayatollah. Contenti anche gli Emirati, mentre la vittoria di Morsi apre "grandi speranze" per Ismail Haniyeh, capo dell'esecutivo di Hamas a Gaza, che ha scelto un messaggio televisivo per le sue congratulazioni, mentre in strada esplodeva la gioia della gente.

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