Le rivolte cinguettano sulla mappa

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La rappresentazione dei tweets fotografata un'ora dopo l'annuncio della caduta di Mubarak. I colori e la grandezza di ogni nodo (in questo caso utenti di Twitter) rappresenta la quantità di collegamenti in uscita, cioè, quanti retweet altri utenti hanno fatto di questo utente. Il rosso designa utenti con molti collegamenti, il giallo/arancione gli utenti con una quantità non molto grande, e il blu quelli con pochi collegamenti. I colori dei collegamenti seguono lo stesso colore dell'utente che ha originato il retweet.
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Oltre la retorica delle “rivoluzioni di Twitter” compaiono in rete le prime rappresentazioni visuali di come il sito di micro-blogging ha davvero funzionato nei giorni che hanno portato alla caduta di Mubarak

di Raffaele Mastrolonardo

A sinistra, colorati di blu, i cinguettii in inglese. A destra, in rosso, quelli in arabo. In mezzo, in varie gradazioni di viola, gli utenti che si esprimono in entrambe le lingue: i pontieri dei due mondi che hanno narrato la rivoluzione egiziana su Twitter. Si può raccontare anche così, attraverso una mappa colorata quell'intreccio di comunicazioni dal basso, rilanci e chiacchiere che ha contribuito alla caduta di Mubarak con il passaparola di milioni di frammenti da 140 caratteri. 

A scegliere questo approccio innovativo è Egypt Influence Network. Realizzata da Kovas Boguta, studioso di sistemi per tracciare le comunicazioni in tempo reale, si tratta di una rappresentazione visiva dell'influenza reciproca degli account Twitter che hanno supportato le rivolte nel Paese delle piramidi. Il risultato è un'istantanea che permette di capire meglio come ha effettivamente funzionato la “twittersfera” nei giorni caldi delle sommosse e dà qualche sostanza alle tante dichiarazioni che hanno etichettato quella egiziana e quella tunisina come “rivoluzioni Twitter”.

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In particolare, la mappa permette di capire come, a differenza di quanto accaduto in altre occasioni (come la rivoluzione in Iran nel 2009), ci sia stata una fruttuosa interazione tra gli utenti di lingua inglese e quelli arabi. Tutto merito, si evince dalla rappresentazione, di quegli utenti che – cinguettando in entrambi gli idiomi - hanno costituito una sorta di passaggio tra i due universi linguistici e che, visivamente, hanno finito per costituire una fascia di congiunzione tra la galassia blu e quella rossa.

Tra questi “pontieri” c'è anche Wael Ghonim, il dipendente di Google diventato uno i leader virtuali della protesta con la pagina di Facebook We Are all Khaled Said e per questo arrestato dalla polizia egiziana. Nella mappa figura in basso nella fascia di passaggio con un colore blu sfumato e una dimensione (che riflette il numero di connessioni) di tutto rispetto. Una collocazione comprensibilmente molto più centrale e attiva rispetto a quella di Eric Schmidt, amministratore delegato di Google, suo datore di lavoro, che si presenta come un piccolo satellite isolato nella parte sinistra e inferiore della mappa. Stessa sorte tocca agli account Twitter della Casa Bianca o del Dipartimento di Stato o della BBC, pianeti ai confini estremi dell'ala blu della galassia.

Ma Egypt Influence Network non è l'unico tentativo di osservare più da vicino e con strumenti innovativi l'effettivo funzionamento dei social media in occasioni come le sommosse in Egitto. Anche The Egyptian revolution on Twitter, un esperimento che parla un po' italiano, va in questa direzione. Realizzato da André Panisson, trentaduenne brasiliano che sta completando un dottorato in informatica all'Università di Torino, è riuscito a cogliere il momento decisivo dell'annuncio della caduta di Mubarak su Twitter, a schematizzarlo con le tecniche matematiche impiegate nello studio delle reti complesse e, infine, a rappresentarlo visivamente in un video che restituisce il pulsare del network in quegli storici momenti.

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Quello che si nota è, dapprima, una serie di punti sparsi che si uniscono lentamente attraverso delle linee e poi, in corrispondenza dell'abdicazione del dittatore, l'esplosione di re-teweet che crea un reticolato intricato ed affascinante. “Quello che abbiamo fatto – spiega Panisson, che lavora ad un progetto in cui sono coinvolte Università di Torino, Indiana University e Fondazione Isi - è stato rappresentare gli utenti che impiegavano l'hashtag #Jan 25 (che identifica i moti egiziani, ndr) come fossero dei nodi di una rete e abbiamo considerato ogni re-tweet di un messaggio come un moto di attrazione tra due nodi”. Il video, di cui è in preparazione una versione più accattivante, fotografa e rappresenta il momento in cui i cinguettii targati #Jan25 passano da circa 150 al minuto a 1.500 al minuto dando vita alla gioia per la caduta dell'autocrate. Un istante che Panisson è stato bravo ma anche fortunato a cogliere: “Stavo lavorando alla raccolta dei dati, mi sono accorto di un'esplosione di informazione e l'ho registrata. Sopo dopo ho capito qual era la ragione di questo balzo di messaggi...”.

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