Tunisia, niente più censura. Ma i blogger restano cauti

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Qualche minuto dopo la fine del discorso in tv del presidente Ben Alì, sono stati subito sbloccati alcuni dei siti che erano stati oscurati. Ma molti non hanno fiducia perché "la democrazia è un diritto acquisito e non un favore accordato"

di Greta Sclaunich

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E' festa sul web per i siti sotto censura sbloccati. Ma restano dubbi e incertezza sul futuro.
Le promesse del presidente tunisino Ben Alì vengono accolte con cautela e dubbi dai blogger del Paese in rivolta dal 17 dicembre scorso. Dopo quasi un mese di scontri, sembra che i tunisini abbiano vinto provocando una vera crepa nella dura politica di Ben Alì, secondo presidente al potere dal 1987. O almeno, lui sembra essersi arreso: è apparso in televisione, atteggiamento dimesso, per annunciare lo stop dell’uso delle armi da fuoco contro i manifestanti, la riduzione del prezzo di pane, latte e zucchero. Ha dichiarato che non si ricandiderà alle elezioni del 2014. Ha promesso la libertà di stampa e la fine della censura sui siti internet. Qualche minuto dopo la fine del discorso, riporta il quotidiano francese Le Figaro, molti siti come Dailymotion, Youtube, Facebook, Twitter – precedentemente oscurati – sono tornati ad essere raggiungibili. Anche il sito di Moncef Marzouki, membro dell’opposizione, è di nuovo online anche se fino a poche ora fa il quotidiano francese Le Monde lamentava la difficoltà di accesso.

In molti hanno brindato nelle piazze e su Internet alla fine della censura del Ministero degli Interni, che veniva chiamata "Ammar 404". "Ammar 404 è in sciopero", "by bye Ammar 404", si rincorrevano i messaggi sul web. Béb Dari Azra9 racconta nel suo blog come ha vissuto l’attesa del discorso, che poi “mi ha emozionata. Mi sono resa conto che il popolo è finalmente riuscito a diffondere il suo messaggio, che i martiri del nostro Paese non sono morti totalmente invano!! Ammar404 (la censura imposta ai siti internet) è morta stasera (o almeno io lo spero…non si sa mai)!!”. Ma sono molti i blogger che restano scettici. Sul web hanno organizzato la rivolta e commentano, critici, l’improvvisa svolta di Ben Alì.
Sull’aggregatore Tunisieblogs i post pubblicati fanno il punto della situazione. Mahéva, per esempio, ha intitolato il suo “Mancanza di fiducia”: “Ieri sera il presidente della Tunisia ha pronunciato un discorso totalmente differente da quelli precedenti. Tanto per cominciare, ha utilizzato il dialetto tunisino, cosa che non ha mai fatto prima. Si è rivolto a noi come al popolo tunisino e non ha utilizzato il solito “cittadini e cittadine””. Malgrado la svolta nel linguaggio e le dichiarazioni “Non so cosa pensare, non capisco se le promesse del presidente saranno mantenute”.
Jalel el Gharbi, invece, ne è convinto: “La prima democrazia araba sta nascendo in Tunisia”. Perché “ormai la Tunisia non è più la stessa e non sarà più una “monarique” (gioco di parole che mette insieme le due parole francesi “monarquie”, monarchia, e “république”, repubblica).
Per alcuni tutto questo non è abbastanza. Dall’aggregatore Nawaat interviene Noussab: “Fratelli e compatrioti, non fatevi fregare: la democrazia è un diritto acquisito e non un favore accordato da un despota sordo, cieco e manipolatore”. Secondo lui bisogna continuare la lotta: “Non baratteremo i nostri morti per guardare i video su Youtube, non venderemo le nostre anime per permettere a Ben Alì di beneficiare di altri tre anni per mettere in piedi un governo democratico. Non l’ha fatto in questi 23 anni, non posso accettare che gli si accordi altro tempo”.

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