San Suu Kyi è libera: "Ora uniti per i nostri obiettivi"

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San Suu Kyi saluta i manifestanti subito dopo la sua liberazione
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La giunta militare birmana pone fine agli arresti domiciliari per il premio Nobel per la Pace del 1991. Ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni in detenzione. La notizia è stata accolta dagli applausi di migliaia di sostenitori

(In fondo all'articolo tutti i video sulla liberazione di Aung San Suu Kyi)

La "signora" torna in libertà - Aung San Suu Kyi, il simbolo delle lotte democratiche nella Birmania dei generali che ha trascorso 15 degli ultimi 21 anni in detenzione, è tornata di nuovo libera e il mondo intero la festeggia.
Raggiante di felicità e commossa, affiancata da tre membri di spicco del suo partito, Aung San Suu Ki si è aggrappata alla cancellata rossa della sua casa sul lago e ha salutato la folla esortando i suoi sostenitori: ora "dobbiamo lavorare tutti insieme di comune accordo", ha detto, senza parlare direttamente di politica ma facendo capire che è ora di superare le divisioni nell'opposizione, perché "solo così potremo raggiungere il nostro obiettivo".
Indosso una camicetta lilla, i capelli raccolti, ha teso le mani verso un sostenitore che le porgeva un mazzolino di fiori di gelsomino e se lo è appuntato in capo. "Quando arriva il momento di parlare, non rimanere silente", ha poi aggiunto, mentre dalla folla in festa, tra lacrime e abbracci, si levavano grida di entusiasmo.
Per tutti l'appuntamento è domenica al quartier generale del suo partito per ascoltare il suo primo discorso ufficiale.
La sua libertà è un azzardo per i generali che governano con il pugno di ferro il Paese dal 1992; ma il suo avvocato, Nyan Win, ha detto che lei ha rifiutato qualsiasi condizione per il
rilascio.
La sentenza di arresti domiciliari era stata prorogata nell'agosto scorso, quando un tribunale aveva stabilito che Aung San Suu Kyi aveva infranto la legge che protegge lo Stato dagli "elementi sovversivi", consentendo a un intruso statunitense di rimanere a casa sua per due notti.

Quali i futuri scenari? - Ora San Suu Kyi è di nuovo libera e in Birmania torna a farsi sentire una potente voce a sostegno della democrazia, appena una settimana dopo elezioni liquidate come una 'farsa' dalla diplomazia internazionale; e si riaccenderà il dibattito in Occidente sulle sanzioni ad un Paese molto ricco di risorse, con 50 milioni di abitanti (un terzo dei quali sotto la soglia di povertà) e situato in una posizione strategica, tra India e Cina.
Rimangono, però, le incognite sul futuro. La libertà della pasionaria birmana può dare alla giunta una qualche legittimità internazionale, dopo le elezioni del 7 novembre, le prime in 20 anni, stravinte dal Partito dello Sviluppo e della Solidarietà del premier Thein Sein (lo scrutinio non è ancora concluso, ma i risultati parziali confermano che i militari continueranno a governare con la legittimità delle urne).
La libertà di San Suu Kyi potrebbe anche portare a una revisione delle sanzioni occidentali sul Paese che appena 50 anni fa era uno dei più promettenti del sud-est asiatico (ricco di minerali e legname) e il più grande esportatore di riso al mondo.
Da quanto si è visto dopo il suo rilascio, San Suu Kyi continua ad avere la stessa ipnotizzante influenza sul pubblico che, nel 1990, aiutò la sua Lega Nazionale per la Democrazia a stravincere le elezioni (un risultato peraltro ignorato dalla giunta). In apparenza fragile, ma in realtà caparbia e tenace, 'la Signora' - come la chiamano semplicemente i suoi connazionali- è ancora capace di attrarre folle enormi dinanzi alla sua porta di casa e con poche parole, nell'atteso discorso di domenica, potrebbe esprimere una severa rampogna sul voto.

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