Caso Sakineh, i media iraniani: Carla Bruni merita la morte

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Una settimana fa la lettera della première dame per esprimere solidarietà alla donna che rischia la lapidazione per adulterio. Ora l'attacco dei giornali di Teheran, arrivati a definirla "una prostituta". Dura replica da Parigi: "Insulti inaccettabili"

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Non si arresta il fuoco di fila dei media iraniani contro Carla Bruni, moglie del presidente francese Nicolas Sarkozy.  "Merita la morte" scrive il quotidiano ultraconservatore iraniano Kayhan. A scatenare l'invettiva e gli insulti dei giornali, la solidarietà che la première dame ha espresso nei confronti di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna condannata alla lapidazione per adulterio per la quale sui sta mobilitando tutto il mondo.

Polemiche con la Francia
- Attacchi pesanti, duri, sicuramente fuori riga quelli rivolti alla première dame. Il giornale estremista Kayhan è persino arrivato a definire la Bruni un "prostituta", la cui condotta indica che meriterebbe un destino analogo a quello della donna iraniana condannata a morte.

La first lady francese è una delle celebrità francesi che hanno pubblicato lettere aperte alla Ashtiani, il cui caso ha generato lo sdegno internazionale, richiamando l'attenzione sull'utilizzo della lapidazione come tipologia di pena capitale in Iran. La Bruni aveva scritto: "Versare il tuo sangue, privare i tuoi figli di una madre? Perché? Perché hai vissuto, perché hai amato, perché sei una donna, un iraniana? Ogni parte di me rifiuta di accettare questo".

Il quotidiano Kayhan, il cui direttore è designato dalla guida suprema del paese, l'Ayatollah Ali Khamenei, ha riportato sabato la lettera della Bruni sotto il titolo: "Prostitute francesi partecipano alle proteste sui diritti umani". La testata è poi tornata sull'argomento, criticando le "relazioni illecite con varie persone" della Bruni, e imputandole il divorzio del presidente francese Nicolas Sarkozy dalla precedente moglie. "Il passato di Carla Bruni mostra chiaramente la ragione per cui questa donna senza morale sostiene una donna iraniana condannata a morte per aver commesso un adulterio che ha poi portato all'omicidio del marito e, infatti, lei stessa merita di morire", si legge su Kayhan.

Teheran smorza i toni - Il governo iraniano ha condannato però gli insulti a Carla Bruni. "La Repubblica islamica d'Iran non appoggia chi insulta le autorità di altri Paesi e usa parole offensive", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast. "Non riteniamo che usare parole indecenti e offensive sia una mossa giusta", ha aggiunto, "spero che i media stiano più attenti. Possono criticare le politiche ostili di altri Paesi, ma devono evitare di usare termini che insultano. Questo non è corretto". E  il ministro degli Esteri iraniano, interrogato sulla questione durante una conferenza stampa di routine, ha chiesto ai media un linguaggio più moderato, invitandoli a criticare senza però fare uso di termini inappropriati o offensivi.

Dura replica da Parigi alle minacce nei confronti della première dame: "Gli insulti comparsi sul quotidiano Kayhan e ripresi dai siti iraniani contro diverse personalità francesi, inclusa la signora Carla Bruni-Sarkozy, sono inaccettabili - ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero - stiamo facendo passare questo messaggio attraverso i normali canali diplomatici".

Il caso
- Ashtiani, madre di due figli, ha ricevuto 99 frustrate per aver avuto una relazione illecita con due uomini. La condanna alla lapidazione è per ora sospesa in seguito a un ricorso giudiziario pendente, ma potrebbe ancora essere portata a termine, secondo un ufficiale giudiziario iraniano. Dalla rivoluzione del 1979, l'Iran può punire con la pena capitale l'omicidio, l'adulterio, lo stupro, la rapina a mano armata, l'apostasia e il traffico di droga. Il paese, secondo Amnesty International, è secondo solo alla Cina per numero di esecuzioni.

Le accuse del figlio - Il figlio della Ashtiani, Sajjad Baqerzadeh, intanto lancia accuse al governo iraniano. In una lettera scrive: "Sospetto che vogliano  manipolare gli atti giudiziari a carico di mia madre per simulare  meglio la legittimità della sua condanna a morte".  Secondo quanto scrive, il fascicolo  riguardante il caso giudiziario della madre è sparito e non è più  rintracciabile nel Tribunale di Tabriz dove Sakineh è stata  condannata a morte per aver avuto una "relazione illecita" durante  il matrimonio. Alle autorità giudiziarie, poi, Baqerzadeh chiede:  "Perché avete costretto mia madre a rilasciare una falsa intervista? Perché dopo quel momento non avete più concesso alla famiglia di visitarla in carcere? Forse perché l'avevate torturata e non volevate che si notassero i segni sul corpo? Perché non permettete che il caso di mia madre segua la sua procedura ordinaria?".

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