Pensioni, cosa prevede il testo del decreto su Quota 100

Economia
Foto d'archivio (Ansa)

La misura simbolo voluta dalla Lega parte in via sperimentale, per il triennio 2019-2021. Dal divieto di cumulo alle finestre di uscita, fino all'anzianità contributiva: ecco i dettagli introdotti nella versione definitiva del testo varato dal Cdm

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto con le misure per le pensioni. La fase sperimentale di “quota 100” parte per il triennio 2019-2021 e la platea che potrebbe accedere alla misura è di circa 315.000 persone. Le misure contenute nel decreto definitivo prevedono alcune novità rispetto alle bozze precedenti: tra queste, il divieto di cumulo che non scatterà in caso di lavoro occasionale entro i 5.000 euro lordi e la “finestra” per l’uscita degli statali dal primo agosto (e non dal primo luglio come ipotizzato in precedenza). "Non c'è nessun adeguamento alla speranza di vita, c'è la possibilità di riscattare in maniera agevolata gli anni della laurea, sono tutelati i comparti delle forze dell'ordine", ha inoltre spiegato il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Il cosiddetto “decretone” del governo gialloverde blocca inoltre gli aumenti dell'età pensionabile e proroga Opzione donna e Ape sociale.

Età e contributi di quota 100

Come già ampiamente anticipato negli scorsi mesi, con “quota 100” si potrà andare in pensione con almeno 62 anni di età e un'anzianità contributiva minima di 38 anni (62 + 38). Il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2021 potrà essere esercitato anche successivamente.

Il divieto di cumulo

La pensione con quota 100 non sarà cumulabile, fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Le finestre di uscita

Chi, entro il 31 dicembre 2018, ha già maturato i requisiti necessari per accedere alla misura, potrà andare in pensione dal 1° aprile 2019. Chi invece li matura dal primo gennaio 2019 in poi andrà in pensione tre mesi dopo (1° luglio). I dipendenti pubblici, rispetto a questi ultimi, dovranno aspettare un mese in più: l’uscita per chi aveva già i requisiti gli scorsi anni è prevista per il 1° agosto, mentre chi matura età e contributi a partire al 1° gennaio dovrà aspettare sei mesi. Per la scuola la prima finestra sarà a settembre con domande entro il 28 febbraio. La domanda di collocamento a riposo va presentata con un preavviso di sei mesi. 

Il Tfr per gli statali

Ci sarà "subito la liquidazione per il settore pubblico, 30 mila euro cash", ha detto il ministro Salvini, aggiungendo che "non ci saranno costi per i lavoratori". L'anticipo del Tfr per gli statali al momento arriva "fino a 30mila euro, ma siamo un governo di ottimisti, c'è un percorso parlamentare e nessuno esclude che la già soddisfacente cifra possa salire 40-45mila euro, questo è l'obiettivo che ci siamo dati". Il meccanismo dovrebbe prevedere un fondo di garanzia per accedere al prestito bancario e la "restituzione" degli interessi sotto forma di sconto fiscale.

L’anzianità contributiva per uomini e donne

L'accesso alla pensione anticipata sarà consentito se è stata maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mese per le donne, con una finestra di 3 mesi. Si dovrà comunque attendere la finestra trimestrale, ma non è previsto l'incremento di cinque mesi che doveva scattare nel 2019.

Opzione Donna e Ape sociale

Il decreto rinnova poi la cosiddetta “Opzione Donna”: si tratta di pensioni anticipate, secondo le regole di calcolo del sistema contributivo, per le lavoratrici con un'età pari o superiore a 58 anni (59 per le lavoratrici autonome), che abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni. Il requisito di età anagrafica non sarà però adeguato agli incrementi alla speranza di vita. Inoltre, sarà prorogato fino al 31 dicembre 2019 anche l’Ape sociale, l'anticipo pensionistico per alcune categorie di lavoratori.

I lavoratori precoci

Vengono abrogati gli incrementi di età pensionabile per l'effetto dell'aumento della speranza di vita per i lavoratori precoci, che potranno quindi andare in pensione a 41 anni trascorsi 3 mesi dalla maturazione dei requisiti.

La pace contributiva

Sempre in via sperimentale per il prossimo triennio, i lavoratori che non hanno maturato contributi al 31 dicembre 1995 (quindi chi è interamente nel sistema contributivo) potrà riscattare fino a cinque anni di contributi purché per periodi per i quali non fosse prevista contribuzione obbligatoria (quindi buchi contributivi o periodi di congedo facoltativo, aspettative ecc). Previsto uno sconto per il riscatto degli anni dell'università per gli under 45.

Fondi di solidarietà

I fondi di solidarietà bilaterale potranno erogare un assegno straordinario per il sostegno al reddito ai lavoratori che raggiungono i requisiti di quota 100 nei successivi tre anni. Quindi si potrà accedere a questo strumento avendo almeno 59 anni di età e andare in pensione a 62 nel 2021. A patto però, dice Matteo Salvini, che ci sia una nuova assunzione.

Inps e Inail

Nel decreto trova spazio anche la riforma di Inps e Inail. Per i due enti viene ripristinato il cda, che sarà composto da presidente (da nominare entro 60 giorni) e quattro componenti. Il costo complessivo degli emolumenti è compensato con una riduzione di pari importo delle spese di funzionamento degli enti. Per il 2019 è inoltre autorizzata una spesa di 50 milioni per l'assunzione di personale Inps mentre nelle more del ripristino del cda è previsto un commissariamento per l'Inps.

Il monitoraggio dell’Inps

Secondo quanto si apprende, nel testo sarebbe stato introdotto un nuovo articolo, proposto dalla Ragioneria dello Stato, secondo cui l'Inps provvederà, ogni due mesi nel 2019 e ogni tre gli anni seguenti, al monitoraggio del numero di domande per pensionamento accolte. La rendicontazione delle relative spese verrà poi inviata entro il 10 del mese successivo al ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al ministero dell'Economia e delle finanze. In questo modo, in caso di scostamenti rispetto alle previsioni, il Mef potrà adottare tempestivamente contromisure, consistenti in tagli o, quando non sufficienti, altre misure correttive come previsto dalla riforma del Bilancio dello Stato. Si tratta quindi di una clausola “salva-spesa” per evitare sforamenti.

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