Lavoro: in Italia aumentano la povertà estrema e il numero dei Neet

Economia
Foto d'archivio (getty)
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Un'indagine della Commissione Europea ha stabilito come gli Italiani in condizioni di estrema indigenza siano quasi il 12%, mentre i giovani tra i 15 e 24 anni che non hanno e non cercano un lavoro arrivano al 19,9%

In Italia aumenta la povertà e i giovani che non hanno e non cercano nemmeno un lavoro: i cosiddetti Neet (acronimo inglese di Not engaged in education, employment or training”). Lo rivela l'indagine 2017 sull'occupazione e sugli sviluppi sociali in Europa (Esde) pubblicata dalla Commissione. Europea.

 

I poveri estremi sono quasi il 12%

Lo studio, pubblicato il 17 luglio, fornisce in realtà una fotografia positiva del trend lavorativo nell'Unione dove, si legge, attualmente le persone che hanno un lavoro o un impiego sono 234 milioni, un numero mai così alto dal dicembre 2008. Solamente dal 2013, precisa l'indagine, i posti di lavoro creati in Europa sono stati 10 milioni. Miglioramenti che, però, sembrano escludere i più giovani, quantomeno in Italia dove la percentuale dei lavoratori autonomi è fra le più alte d'Europa, con oltre il 22,6%, ma dove i giovani fra 15 e 24 anni che non hanno e non cercano lavoro toccano il record Ue del 19,9%, a fronte di una media europea dell'11,5%. Italia agli ultimi posti anche in quanto a differenze tra i sessi, con un gap tra uomini e donne che lavorano pari al 20,1%. Infine, a livello sociale, è stata registrata una crescita fra il 2015 e il 2016 delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema, che oggi sono l'11,9% della popolazione: unico caso di crescita del fenomeno nell'Unione assieme a Estonia e Romania.

 

La disoccupazione giovanile

Ma sono le difficoltà che i giovani incontrano nell'inserirsi nel mondo del lavoro il focus del rapporto. Nel 2016, la disoccupazione fra i ragazzi italiani tra i 15 e i 24 anni è stata del 37,8%, in calo rispetto al 40,3% del 2015, ma comunque la terza in Europa dopo Grecia (47,3%) e Spagna (44,4%). Per coloro che, invece, riescono a trovare un lavoro, l'indagine registra numeri preoccupanti riguardo alla tipologia di contratto. In Italia oltre il 15% dei casi di persone tra i 25 e i 39 anni che trovano lavoro, devono svolgerlo secondo contratti atipici. Una percentuale che declassa il nostro Paese rispetto ad altri come il Regno Unito, dove la percentuale è inferiore al 5%. Sono forme contrattuali che, secondo l'Ue, mettono i lavoratori “considerevolmente più a rischio precarietà” portando a pesanti disparità di trattamento: è stato calcolato che chi ha meno di 30 anni guadagna in media meno del 60% di un lavoratore ultrasessantenne. Ne consegue che i giovani italiani escono dal nido familiare e fanno figli fra i 31 e i 32 anni, più tardi rispetto a una decina di anni fa e molto dopo la media Ue, che si attesta intorno ai 26 anni.

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