L'importanza (anche economica) delle città intelligenti

Economia
La copertina del report realizzato da European House Ambrosetti sullo sviluppo delle smart cities in Italia.
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Metropoli sostenibili e un paese “più smart” valgono fino a 10 punti di Pil all’anno, sostiene una ricerca di European House Ambrosetti. Il tema rientra nell'Agenda digitale del governo, che potrebbe presto concretizzarsi in un decreto

di Raffaele Mastrolonardo

Il valore dell'intelligenza? Fino 10 punti di Pil all'anno. E non si sta parlando del QI delle persone, ma di quello delle città in cui viviamo: se diventassero più sostenibili e vivibili grazie alle nuove tecnologie darebbero una forte spinta all’economia. La stima proviene da una ricerca presentata nel corso del forum Ambrosetti di Cernobbio che analizza l'impatto sulla crescita delle cosiddette smart cities, uno dei settori più caldi del mercato hi-tech europeo anche grazie agli investimenti promessi dalla Ue. Se le metropoli intelligenti fossero realtà, dice lo studio, potrebbero infatti generare fino a 160 miliardi di euro annui sotto forma di recuperi di efficienza in settori come la mobilità, l'edilizia e l'energia. Dunque, una specie di turbo per l'asfittica economia italiana e un buon viatico per  l'Agenda Digitale del governo Monti - che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane - di cui le smart city sono parte integrante.

Investimenti e costi - In attesa di scoprire che cosa ha in serbo l'esecutivo sul tema, va precisato che le città intelligenti che tanto promettono hanno anche un costo. E non indifferente. Secondo quanto calcola lo studio – intitolato Smart Cities in Italia e realizzato da European House Ambrosetti su commissione di ABB – per rendere più “smart” il Paese nel suo complesso sono necessari investimenti di circa 50 miliardi all'anno (circa 3 punti di Pil) che si riducono a 6 miliardi nel caso si decida di puntare più basso e ammodernare solo i 10 agglomerati urbani principali. Uno sforzo economico ingente che richiede un impegno notevole in un periodo di risorse scarse. “Quello dei 50 miliardi è lo scenario più ottimista e completo, se tutto il Paese volesse diventare smart; al momento non è probabile”, ammette Paolo Borzatta di European House Ambrosetti, responsabile della ricerca. “Quando però si uscirà dalla crisi un percorso di crescita e di guadagno di competitività di questo tipo non mi pare fuori portata. Anzi, mi sembra necessario. Anche perché gli altri Paesi già lo stanno facendo”. Già, le città degli altri sono sempre più smart. Ad Amsterdam, per esempio, quasi mille abitazioni sono state dotate di sofisticati rilevatori dei consumi in grado di consigliare gli abitanti su come gestire l'energia della casa ottenendo un risparmio medio del 14 %. Dal 1990 ad oggi Stoccolma ha ridotto le emissioni di di ossido di carbonio per abitante del 25% e gli esempi si potrebbero moltiplicare dando un'occhiata alla raccolta delle migliori esperienze internazionali realizzato da Cittalia, centro di ricerche dell'Anci.

Milano la più smart - Ma cosa vuol dire esattamente  “intelligenti”? Non esiste una visione univoca: qualcuno insiste sulla sostenibilità ambientale, altri sulla mobilità, altri ancora sulla diffusione delle nuove tecnologie o più genericamente sulla qualità della vita. Gli indicatori più completi, come quello elaborato dall'Università di Vienna, provano a tenere insieme più variabili. Sulla stessa linea si muove la ricerca Ambrosetti-ABB che ha provato a mettere in fila i principali Comuni italiani con un approccio olistico. Risultato: al primo posto, con un indice di “smartness” di 50 punti su 100, c'è Milano, seguita da Roma (49,7), Venezia (42,5). Più staccate Bolzano (36), Bologna (34,3) e Genova (34,2). A far pendere la bilancia in favore del capoluogo lombardo, secondo lo studio, la connessione alle reti globali agevolate da un aeroporto internazionale, la vivacità culturale, un sistema di mobilità variegato e molto utilizzato dalla popolazione. A confronto con il resto del mondo, comunque, le città italiane non appaiono così brillanti. Nella classifica European Smart Cities, che mette in fila i centri di media dimensioni, per incontrare la prima nostra rappresentante, Trento, bisogna scendere fino al 45esimo posto. “Il fatto è che noi partiamo da più indietro”, spiega Paolo Testa, responsabile dell'osservatorio Smart City dell'Anci. “Per esempio il trasporto pubblico, anche per ragioni urbanistiche e orografiche, è sempre stato un po' carente nelle nostre città e dunque su questo fronte noi dobbiamo rincorrere. Altre metropoli del mondo possono permettersi di innovare. E nelle classifiche scontiamo un po' questa arretratezza strutturale”.

La strategia italiana - Pur con fatica, l'Italia prova comunque a muoversi per aumentare il suo quoziente intellettivo, anche sulla scorta dell'Unione europea che con la European Initiative on Smart Cities prevede finanziamenti per 12 miliardi di euro da qui al 2020. Quest'anno il ministero per l'Università e la ricerca ha varato due bandi sulle città intelligenti. Il primo riservato alla regioni del Mezzogiorno prevede fondi per 200 milioni di euro; il secondo, aperto a tutto il territorio nazionale, propone aiuti per 600 milioni di euro. Al tema, inoltre, è stato dedicato anche un tavolo di lavoro della cabina di regia dell'Agenda digitale. E, almeno a giudicare dalle bozze circolate in questi giorni, le smart cities rientreranno anche nell'atteso decreto Digitalia con cui il governo punta a dare attuazione all'Agenda digitale. In questa direzione, per esempio, vanno i provvedimenti che incoraggiano la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti. Insomma, qualcosa si muove. “A me sembra che su questo fronte il governo si sia attivato con decisione e bene”, conclude  Borzatta. “Per ora il giudizio è positivo, ma per il verdetto definitivo aspettiamo il decreto”. 

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