Fiat, nuova cassa integrazione a Pomigliano

Economia

La crisi del mercato dell'auto ferma la produzione dal 24 al 28 settembre e dall'1 al 5 ottobre. Intanto a Cassino, nel frusinate, gli operai sono tornati in fabbrica ma fino a dicembre si rischia di non lavorare a pieno regime

La direzione dello stabilimento Fiat di Pomigliano ha comunicato alle organizzazioni sindacali che la produzione si fermerà dal 24 al 28 settembre e dall'1 al 5 ottobre a causa della persistente situazione di crisi del mercato automobilistico europeo e italiano. Scatta dunque la cassa integrazione e vengono così confermati i timori espressi dai sindacati nei giorni scorsi.

Intanto, in un altro stabilimento, quello di Cassino, mercoledì 29 è ripresa la produzione dopo un mese di stop per ferie e cassintegrazione. I 3900 operai sono tornati in fabbrica ma fino a dicembre si rischia di lavorare non a pieno regime. Sono previsti, tra settembre e ottobre, tre giorni di lavoro a settimana e due di cig in seguito al calo di vendite dell'azienda torinese. Tra i sindacati restano timori e preoccupazioni, soprattutto per la mancata produzione di nuovi modelli. Nello stabilimento di Cassino, nel frusinate, si producono ogni giorno 780 vetture, di cui 520 Giuliette, 100 Bravo e 150 Delta, ma sono vetture che accusano "stanchezza" sul mercato. Le organizzazioni sindacali parlano di "futuro nebuloso" e di "incertezza".

Nelle ultime settimane i timori sul futuro del sito industriale con l'ipotesi di accorpamento con Pomigliano (poi smentita dall'ad di Fiat Sergio Marchionne in un incontro a Torino con i sindacati) ha scatenato mille polemiche e nette prese di posizioni a tutela della fabbrica di Piedimonte San Germano, la più importante della Ciociaria e del Lazio, che dà lavoro a diecimila persone compreso l'indotto.

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