Rischio idrogeologico, mappa interattiva: istruzioni per l'uso

Ambiente
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L’Italia è un territorio rischio idrogeologico, e non solo. Spesso ce ne accorgiamo solo al momento dei disastri. La mappa permette di visualizzare per ogni comune italiano anche l'esposizione alla pericolosità sismica e le zone di allerta vulcanica

L’Italia è un territorio a forte rischio idrogeologico, e non solo,  spesso ce ne accorgiamo soltanto al momento dei disastri causati dal maltempo. Per questo motivo, da tempo, Sky TG24 si occupa del tema,  con lo speciale “Dissesto doloso”. Questa applicazione nasce con l’obiettivo di offrire informazioni utili a una maggiore consapevolezza sulle caratteristiche del territorio in cui viviamo.
Conoscere l’esposizione al rischio idrogeologico, i livelli di pericolosità sismica e le zone di allerta vulcanica, può anche aiutare a prevenire eventuali effetti negativi.

 

Che differenza c’è tra rischio e pericolosità? Quali scale avete adottato per i diversi fenomeni naturali? Da dove provengono i dati utilizzati? Riportiamo qui di seguito una serie di domande e risposte che possono aiutare a capire i criteri sulla base dei quali è stata sviluppata la mappa interattiva: dalle fonti dei dati agli indicatori impiegati, fino alle diverse legende. 

 

Per eventuali suggerimenti o segnalazioni, scrivete a news@sky.it.

 

Qual è la differenza tra la vostra mappa e quelle realizzate dai vari istituti di ricerca?

Tutti i dati presenti nella mappa sono ufficiali e pubblici. Rispetto a quanto già disponibile online, la nostra mappa aggrega in un’unica interfaccia informazioni spesso pubblicate su diversi siti, permettendo di effettuare una ricerca unica per ciascun comune italiano. Altra differenza è poi nella visualizzazione: abbiamo lavorato molto sull’interfaccia e sull’esperienza utente per rendere facilmente comprensibili le informazioni, attraverso una scala cromatica unica, l’uso di legende intuitive ed etichette auto-esplicative. Insomma, uno sforzo in più sugli aspetti comunicativi e interattivi, che spesso rappresentano un punto debole delle mappe ufficiali.

Quali sono i requisiti per usare al meglio l’applicazione?

Si tratta di un’applicazione web, quindi servono una connessione internet attiva e un browser, sia da desktop che da mobile. Se hai problemi a visualizzare la pagina o a navigarla, assicurati di usare un browser aggiornato all’ultima versione disponibile, che puoi verificare a questa pagina. Se non hai la possibilità di aggiornarlo, cambia browser oppure dispositivo. 

Nell’applicazione si parla di rischio e pericolosità. Sono indicatori diversi?

Sì. La pericolosità ha a che fare con la probabilità che un determinato evento naturale (inondazione, frana, terremoto, eruzione) si verifichi in un dato territorio. Il rischio riguarda invece l’impatto che questo evento può avere su quel territorio e dipende da vari fattori (per esempio, popolazione esposta, progettazione degli edifici, etc). Chi sono gli enti che elaborano le informazioni su rischio e pericolosità? I dati ufficiali provengono da ISPRA (inondazioni e frane), Protezione Civile (terremoti ed eruzioni) e ISTAT (aggregazione dati, popolazione e confini territoriali).

Le scale di rischio e pericolosità utilizzate per i diversi tipi di fenomeni naturali sono differenti?

Sì, ogni tipologia di fenomeno ha una sua scala. Nel caso di frane e inondazioni ci sono due diverse scale: una dell’esposizione al rischio e un’altra della pericolosità.

Nella mappa ho trovato alcune etichette (livello basso, medio, alto, basso) che non riesco a rintracciare nelle fonti originali. Perché?

Per rendere più comprensibili i dati su esposizione a rischio frane e alluvioni e pericolosità sismica abbiamo utilizzato una serie di etichette che traducono il dato numerico ufficiale in linguaggio naturale. L’uso di queste etichette è stato concordato e approvato dagli esperti dell’IRPI-CNR (per esposizione al rischio frane e alluvioni) e dell’INGV (per la pericolosità sismica). Quanto sono aggiornati questi dati?

 

Inondazioni e frane:

Popolazione esposta: 2015 (fonte: Rapporto ISPRA 2015)

Aree PAI: 2015 (fonte: Rapporto ISPRA 2015)

Dati di popolazione comunale: 2011 (fonte: Censimento ISTAT 2011)

 

Terremoti:

Classificazione sismica: 2015 (fonte: Dipartimento della Protezione Civile)

 

Eruzioni:

Zona rossa Vesuvio: 2014 (fonte: Dipartimento della Protezione Civile)

Zona gialla Vesuvio: 2015 (fonte: Dipartimento della Protezione Civile)

Zona rossa Campi Flegrei: 2014 (fonte: Dipartimento della Protezione Civile)

Zona gialla Campi Flegrei: 2015 (fonte: Dipartimento della Protezione Civile)

Zone etnee: 2006 (fonte citata dall’ISTAT: INGV)

Altre zone vulcaniche: 2012 (fonti varie citate dall’ISTAT)

 

INONDAZIONI

Come viene calcolata l’esposizione al rischio inondazioni?

L’esposizione al rischio è calcolata sulla base della percentuale di popolazione residente nelle aree definite P2 e P3 dai Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) regionali, ovvero gli strumenti con cui le Regioni pianificano e programmano le azioni, gli interventi e le norme d'uso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio.

Quali sono le categorie di rischio in relazione alle inondazioni?

I comuni sono classificati in cinque categorie in relazione alla percentuale di popolazione esposta al rischio inondazioni: Bassa, Moderata, Media, Alta, Molto Alta. L’utilizzo di queste categorie è state concordato con gli esperti dell’IRPI-CNR e da loro approvato.

Cosa indicano queste categorie?

Un comune viene classificato in una data categoria di esposizione al rischio sulla base della percentuale di popolazione residente nelle aree P2 e P3 stabilite dai PAI: Bassa (< 1% della popolazione), Moderata (1% - 5%), Media (5% - 10%), Alta (10% - 50%), Molto alta (50% - 100%). Nota: le aree P2 eventualmente comprendono anche le aree P3.

 

Cosa sono le aree P2 e P3?

Le aree P2 e P3 sono aree a pericolosità idraulica media ed alta di un territorio. Se presenti entrambe, le aree P2 comprendono le aree P3. È prevista anche un’area P1 a pericolosità scarsa. 

Quindi non è detto che la popolazione di un comune sia egualmente esposta al rischio di inondazioni?

Esatto. All’interno di un comune possono esserci aree in cui è più o meno probabile che si verifichi un’inondazione e queste aree possono essere più o meno popolate.

L’applicazione mi permette di visualizzare queste aree?

Sì. Una volta visualizzata la mappa generale di un comune è possibile selezionare le aree di tutti i livelli di pericolosità cliccando sul simbolo “+” in basso nella mappa. FRANE Come viene calcolata l’esposizione al rischio frane? Per quanto riguarda le frane, l’esposizione al rischio è calcolata sulla base della percentuale di popolazione residente nelle aree definite P3 e P4 dai Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) delle varie Regioni (vedi sopra). 

 

Quali sono le categorie di rischio in relazione alle frane?

I comuni sono classificati in cinque categorie in relazione all’esposizione al rischio frane: Bassa, Moderata, Media, Alta, Molto Alta. L’utilizzo di queste categorie è state concordato con gli esperti dell’IRPI-CNR e da loro approvato.

Cosa indicano queste categorie?

Un comune viene classificato in una data categoria di esposizione al rischio sulla base della percentuale di popolazione residente nelle aree P3 e P4 stabilite dai PAI: Bassa (< 1% della popolazione), Moderata (1% - 5% della popolazione), Media (5% - 10%), Alta (10% - 50%), Molto alta (50% - 100%).

 

Cosa sono le aree P3 e P4?

Le aree P3 e P4 sono aree in cui la pericolosità relativa alle frane è elevata o molto elevata, vale a dire in cui la probabilità che si verifichi una frana di una certa importanza è maggiore. Sono previste anche aree P2 a pericolosità media, aree P1 a pericolosità moderata e Aree di Attenzione (AA).

 

Quindi, come per inondazioni, non è detto che la popolazione di un comune sia egualmente esposta al rischio di frane?

Esattamente. All’interno di un comune possono esserci aree in cui è più o meno probabile che si verifichi una frana e queste aree possono essere più o meno popolate. L’applicazione mi permette di visualizzare queste aree? Sì. Una volta che si sia visualizzata la mappa generale di un comune con la relativa classificazione generale è possibile visualizzare le singole aree di pericolosità da frana all’interno sul territorio comunale.

 

TERREMOTI

Che tipo di informazioni sui terremoti offre l’applicazione?

Per quanto riguarda i terremoti, l’applicazione permette di esplorare la “pericolosità sismica” relativa a ciascun comune italiano.

Pericolosità sismica o rischio sismico, che differenza c’è?

La pericolosità sismica indica la probabilità che un determinato territorio sia colpito da un terremoto di una certa intensità in un dato periodo di tempo (generalmente 50 anni). Il rischio invece valuta l’impatto che un sisma può avere in un dato territorio e tiene conto anche di altri fattori, come la progettazione degli edifici, etc. La nostra applicazione offre informazioni solo sulla pericolosità sismica.

Quali sono le diverse classi di pericolosità?

Come spiegato nella legenda dell’applicazione, il territorio italiano è diviso in quattro zone di pericolosità. Su suggerimento di INGV (Istituto italiano di geofisica e vulcanologia), abbiamo etichettato queste zone nel seguente modo: Moderato (pericolosità minore, corrispondente alla Zona 4), Medio (Zona 3), Alto (Zona 2), Molto Alto (pericolosità massima, corrispondente alla Zona 1).

Perché il livello di pericolosità minimo è considerato “Moderato”?

Come detto, abbiamo scelto di adottare la terminologia suggerita da INGV che preferisce impiegare il termine “Moderato” per la zona di pericolosità minore per far meglio comprendere che in queste aree, anche se i terremoti sono rari, possono comunque verificarsi.

Quindi nessun comune italiano è classificato a pericolosità nulla?

Esatto. Fino al 2003 il territorio nazionale era classificato in tre categorie e oltre 5mila comuni risultavano non classificati. La nuova classificazione, introdotta quell’anno, comprende tutti i comuni e a tutti assegna un livello di pericolosità. Nei comuni classificati in Zona 4 (pericolosità Moderata nella nostra applicazione) spetta alle Regioni stabilire eventualmente l’obbligo di progettazione antisismica.

Chi determina la pericolosità sismica in un comune?

Come spiegato dalla Protezione Civile, la classificazione dei comuni all’interno delle zone di pericolosità sismica in cui è stato suddiviso il territorio nazionale spetta alle singole Regioni sulla base dei dati forniti da INGV. Alcune Regioni hanno introdotto anche delle sottozone a pericolosità differenziata di cui si dà conto nell’applicazione.

 

VULCANI

Quante zone allerta eruzioni ci sono in Italia?

Le zone vulcaniche attive note in Italia sono 10 (Stromboli, Vulcano, Etna, Vesuvio, Campi Flegrei, Ischia, Pantelleria, Lipari, Colli Albani, Panarea) a cui si aggiungono quelle marine nei pressi dei vulcani sottomarini. Sono tutte elencate sul sito del Dipartimento di Protezione Civile, che per alcune di esse definisce delle zone di allerta all’interno dei Piani Nazionali di Emergenza.

Le zone gialle e rosse (e i territori che comprendono entrambe) sono definite esattamente con questi nomi per i Campi Flegrei e per il Vesuvio.

Per l'Etna la nomenclatura ufficiale dell’INGV è leggermente diversa perché si parla di "zona sommitale" (equivalente alla rossa Vesuviana) e di "zone di medio versante, pedemontane e urbane" (equivalenti alla zona gialla Vesuviana). Fonte: ISTAT (sotto la lettera Z).

Per le altre zone vulcaniche (come Ischia) non sono definite formalmente zone di allerta dal Dipartimento di Protezione Civile, ma si tratta comunque di territori attenzionati, a cui abbiamo associato il colore bianco. Fonte: ISTAT (sotto la lettera Z, indicatore ZNVulc_altri).

Queste distinzioni sono fornite da ISTAT nel suo dataset ufficiale su cui si basa la nostra applicazione, che aggrega le informazioni di Protezione Civile e INGV.

 

Che differenza c’è tra zone rosse e gialle?

Durante un’eruzione sono due i fenomeni che sono considerati pericolosi e possono mettere a rischio la popolazione circostante: l’invasione di flussi piroclastici e la ricaduta di ceneri vulcaniche. Le zone rosse sono tali perché soggette al primo fenomeno (flussi piroclastici), mentre quelle gialle sono soggette prevalentemente solo al secondo fenomeno (ceneri vulcaniche). Alcuni comuni, come Napoli, comprendono aree sia in zona rossa che in zona gialla.

Cosa sono i flussi piroclastici e perché sono così pericolosi?

I flussi piroclastici consistono in una miscela di gas e materiale solido ad alta temperatura che si muove a elevata velocità. Si tratta della fenomenologia vulcanica più pericolosa per la vita umana e per la quale l’unica misura di salvaguardia per la popolazione è l’evacuazione preventiva.

Cosa comporta la ricaduta e l’accumulo di ceneri vulcaniche?

Recenti studi e simulazioni della distribuzione a terra di ceneri vulcaniche che tengono conto delle statistiche storiche del vento in quota permettono di prevedere la loro ricaduta in caso di eruzione e identificare le aree circostanti dove l’accumulo di ceneri è in grado di causare il collasso di tetti con resistenza medio-bassa.

Nelle aree che non rientrano tra quelle “di allerta” non ci sono quindi rischi?

Il Dipartimento di Protezione Civile ha definito formalmente delle zone di allerta solo per i comuni limitrofi al Vesuvio e ai Campi Flegrei. L’INGV ha classificato i comuni limitrofi all’Etna. Abbiamo indicato in bianco gli altri comuni il cui territorio comprende zone vulcaniche attive note, ma per cui non esistono zone di allerta ufficiali, in accordo con quanto fatto dall’ISTAT nella sua mappa di rischio vulcanico.

 

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