A Roma una mostra sulla storia degli internati italiani in Germania

Cronaca
Una delle immagini in mostra fino al 6 marzo (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia)
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"Italia-Germania: insieme per una politica della memoria", aperta fino al 6 marzo, ripercorre la vicenda dei soldati fatti prigionieri dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre '43

Seconda Guerra Mondiale. L’8 settembre 1943 l’annuncio dell’Armistizio lascia senza istruzioni i militari italiani che da quasi tre anni combattono al fianco dei tedeschi in Francia meridionale, Grecia, Russia, Balcani e Italia. I soldati si ritrovano allo sbando: più di 800mila sono fatti prigionieri e sottoposti a pressanti richieste di collaborazione. In 650mila dicono "no" e vengono avviati verso i lager del Terzo Reich come Internati Militari Italiani. In 50mila perdono la vita. Una mostra adesso fa luce sulle loro storie. Si intitola "Italia-Germania: insieme per una politica della memoria" ed è stata allestita dall’Anrp (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia) a Roma, fino al 6 marzo.

I documenti inediti

L’esposizione, curata da Luciano Zani, raccoglie reperti originali provenienti dai campi e documenti inediti ritrovati nell’Archivio Storico del Ministero degli Esteri. La mostra racconta in parte la vita degi prigionieri, attraverso oggetti, scritti e testimonianze degli internati. Oltre alla testimonianza, intende anche ripercorrere il ruolo della Repubblica sociale italiana, spaccata tra l’ala radicale che propendeva per abbandonare gli Internati militari al loro destino (come punizione per non aver aderito a Salò) e quella moderata che si batteva per aiutarli. Il ministero degli Affari Esteri della Repubblica sociale cercò infatti di migliorare le condizioni dei soldati prigionieri, mantenere i contatti e distribuire loro cibo e vestiario. Ma nel caos successivo all’armistizio fu difficile pianificare interventi e aiuti, lasciando campo aperto ai nazisti, che utilizzarono i prigionieri come forza-lavoro.

Le lettere di Mussolini e Graziani

Tra i documenti esposti, ci sono anche alcune lettere scambiate tra le autorità tedesce e quelle di Salò. Nell'agosto del 1944, Mussolini scrive a Himmler una proposta, che suggersice di "selezionare nella massa degli ex internati quelli che hanno una statura minima di metri 1,75, addestrarli per almeno sei mesi in Germania, farli combattere per almeno altri sei mesi in unità tedesche, dopo di che" farli "rientrare in Italia come unità italiana". Qualche mese dopo il ministro della Guerra Rodolfo Graziani certifica il fallimento dei tentativi di mediazione in un documento del gennaio 1945, nel quale descrive gli ex internati come "organismi inerti e passivi", che "non hanno mezzi per muoversi" perché "la parola d’ordine tedesca è che gli italiani non possono e non debbono essere utilizzati come soldati ma solo come lavoratori".

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