Dark web: traffico di carte di credito rubate, arresti in 16 Paesi

Cronaca
Foto d'archivio Ansa
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Fermata dalla polizia, insieme all'Homeland Security Investigation (Usa), un'organizzazione che operava nel dark web vendendo codici bancari acquisiti con l'hacking. Aveva ottenuto finora un bottino di 530 milioni di dollari. In manette anche un cittadino italiano

Un bottino di 530 milioni di dollari ottenuto attraverso un traffico illecito, realizzato nel dark web, di carte di credito e codici bancari sottratti con l’hacking. È il risultato dell’attività di un’organizzazione criminale internazionale smantellata dalla polizia italiana, insieme all’Homeland security investigation (Hsi) statunitense. L’operazione, chiamata “Infraud”, è stata condotta in 16 Paesi. Gli arresti sono 13, di cui uno in Italia, in provincia di Napoli. Il presunto capo dell’organizzazione è di nazionalità ucraina ed era stato arrestato la settimana scorsa in Thailandia. È invece di ieri, 6 febbraio, l’operazione internazionale congiunta con cui sono state arrestate le 13 persone sospettate di appartenere alla banda.

Arresto di un uomo nel Napoletano

L'uomo arrestato nel Napoletano, che era oggetto di un mandato di cattura internazionale, utilizzava il nickname “Dannylogoty” e secondo gli investigatori avrebbe fatto parte dell’organizzazione fin dal 2010. Lo hanno individuato gli uomini della sezione Financial Cybercrime della Polizia Postale e del compartimento Polizia Postale della Campania, in collaborazione con l'Hsi degli Stati Uniti.

L'organizzazione vendeva i dati nel dark web

L'organizzazione criminale operava con la compravendita di migliaia di carte di credito rubate e clonate, di codici di verifica (Cvv) per l'utilizzo delle carte online, di codici di accesso a servizi di home-banking e più in generale, di dati personali e riservati appartenenti a migliaia di vittime in tutto il mondo. La banda sfruttava l'anonimato permesso dal dark web, ma anche Liberty Reserve, nota piattaforma di scambio di cryptomonete virtuali, che era stata chiusa nel 2013 perché utilizzata in tutto il mondo per attività illecite. L’indagine sulla piattaforma si concluse con la condanna del fondatore Arthur Budovsky a 20 anni di reclusione per riciclaggio internazionale.

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