Rifiuti pericolosi vicino a scuola, indagato: "I bimbi? Che muoiano"

Cronaca

Sei arresti nell'ambito di un'inchiesta della Dda di Firenze su due discariche del Livornese. I reati contestati: traffico di rifiuti, associazione per delinquere, truffa aggravata ai danni della Regione. Un’intercettazione: “Non m’importa dei bimbi che si sentono male”

“Ci mancavano anche i bambini che vanno all'ospedale, che muoiano...”. Sei persone sono state arrestate nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Firenze, condotta dai carabinieri forestali, su un traffico illecito di rifiuti. Questa è una delle intercettazioni con protagonista uno degli indagati. Parlando dei rischi di stoccare abusivamente rifiuti pericolosi non lontano da una scuola, non si preoccupava neppure della salute dei più piccoli.

L’inchiesta

Secondo gli inquirenti, sarebbero circa 200mila le tonnellate di rifiuti smaltiti abusivamente in due discariche della provincia di Livorno tra il 2015 e il 2016. I reati contestati alle sei persone arrestate sono traffico di rifiuti, associazione per delinquere e truffa aggravata ai danni della Regione Toscana, quantificata in circa 4 milioni di euro di ecotasse non pagate. Ma i profitti illeciti realizzati avrebbero raggiunto i 26 milioni di euro.

Rifiuti speciali smaltiti come normali

I rifiuti speciali, in alcuni casi pericolosi e nocivi, secondo quanto ricostruito venivano miscelati con altri e mascherati come ordinari, per abbattere i costi di smaltimento. I sigilli sono scattati per due aziende di Livorno attive nel settore del recupero e del trattamento dei rifiuti, la Lonzi Metalli srl e la Rari srl. Da queste aziende i rifiuti sarebbero transitati in due discariche del Livornese gestite da due aziende a partecipazione pubblica, la Rea di Rosignano Marittimo e la Rimateria di Piombino. Tra i rifiuti che arrivavano in discarica passando per ordinari e innocui, pare ci fossero materiali nocivi come stracci imbevuti di sostanze tossiche, filtri olio motore e toner.

Le intercettazioni

Agli atti dell’inchiesta sono finite varie intercettazioni. “Non mi importa nulla dei bambini che si sentono male, io li scaricherei in mezzo alla strada i rifiuti”, dice uno degli indagati parlando dei rischi per i bambini. Ma le conversazioni rivelano anche raccomandazioni tra chi forniva i rifiuti e chi li riceveva, chiedendo che fossero abbastanza “triturati” in modo da non rivelare la loro natura. Oppure l'annuncio di un carico in arrivo “non troppo Chanel”, cioè maleodorante. Oppure, in un altro caso, la minaccia di classificare i rifiuti come “carico respinto” se non fossero stati ben mascherati.

Le telecamere nascoste

Una parte consistente degli scarti tossici pericolosi al centro dell'inchiesta, almeno tre tir ogni settimana, arrivava nelle discariche del Livornese da una ditta di Prato, specializzata nel trattamento dei rifiuti. In alcuni casi, come testimoniato da alcune telecamere nascoste piazzate dagli investigatori, gli indagati si limitavano a far transitare i tir carichi di rifiuti speciali pericolosi nei cortili delle ditte specializzate nello smaltimento, da dove uscivano subito dopo senza che fosse stato eseguito alcun trattamento. I rifiuti, entrati come pericolosi, ne uscivano declassificati a ordinari e poi venivano stoccati nelle discariche. Uno degli inquirenti ha paragonato il modus operandi a quello usato dalla Camorra nella terra dei fuochi: "Si tratta di episodi che non hanno nulla a che fare con la Camorra, ma un certo modo di gestire e trattare i rifiuti è significativo".

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