Palermo, clochard bruciato vivo. Nessun pentimento dell'assassino

Cronaca

Un benzinaio di 45 anni, dopo alcune ore di interrogatorio, ha confessato di aver dato fuoco all'uomo morto carbonizzato. Per gli inquirenti, l'omicida riteneva che il senza tetto "insidiasse la sua donna”. I due condividevano la stessa mensa e avevano litigato pochi giorni prima del delitto, come hanno confermato dei testimoni

Il brutale omicidio di Marcello Cimino, il clochard di 45 anni bruciato vivo mentre dormiva sotto il portico della missione San Francesco dei frati cappuccini, a Palermo, è maturato in un contesto di solitudine. Giuseppe Pecoraro, 45 anni, che ieri ha confessato il delitto agli investigatori della squadra mobile, condivideva spesso con il senzatetto il tempo che entrambi trascorrevano nella mensa della missione, dove il benzinaio si recava quando finiva di lavorare nel distributore di carburante che si trova a poche decine di metri dal refettorio dei cappuccini. E sembra che in lui, ora, non ci siano tracce di pentimento per quello che ha fatto, come è emerso dall'interrogatorio a cui l'uomo è stato sottoposto ieri.

 

La confessione dell'omicida - Pecoraro, benzinaio di 45 anni, dopo qualche ora di interrogatorio è crollato e ha ammesso di essere l’assassino di Marcello Cimino, il clochard bruciato vivo nella notte tra venerdì e sabato, a Palermo. “Ha compiuto questo gesto per motivi futili. Riteneva che il clochard insidiasse la sua donna”, spiega il capo della squadra mobile, Rodolfo Ruperti. “Tra i due c’era stata una lite qualche giorno fa”, chiarisce Ruperti, “nella piazza vicina alla Missione San Francesco dei Cappuccini, dove è avvenuto il delitto”. I due uomini avevano avuto un diverbio davanti al negozio di frutta e verdura proprio di piazza Cappuccini, a pochi passi dalla mensa. Sembra che l'ex moglie di Pecoraro avesse iniziato una relazione con il sena tetto e che questo fosse il motivo della discussione. Alcuni testimoni, che si trovavano in piazza in quel momento, avrebbero confermato la lite.

 

Le bruciature sul corpo dell'assassino e la confessione - Pecoraro, quando è stato individuato dagli agenti della squadra mobile, presentava delle bruciature sulla mano e in altre parti del corpo. Inizialmente, l’uomo si è giustificato e non ha confessato il delitto. Poi, nel corso dell’interrogatorio, ha deciso di raccontare ciò che è veramente accaduto. 

 

Il video che mostra il delitto - Sarebbe stato un video a inchiodare Pecoraro. Nelle immagini riprese da una telecamera di video sorveglianza vicina al luogo del delitto, si vede un uomo con un giubbotto scuro e un passamontagna che si avvicina al giaciglio dove dormiva il senzatetto. Poi gli versa addosso il contenuto di un secchio. Il fuoco divampa subito, e l’aggressore scappa prima che le fiamme imprigionino anche lui.

 

Problemi di droga e lontananza dalla famiglia - Secondo quanto ha riferito l’ex moglie della vittima in un’intervista al Corriere della Sera, Cimino era caduto in una dipendenza dalla droga e, da tre anni, non aveva più contatti con lei. Vedeva, invece, regolarmente le tre figlie che però non sapevano che l'uomo dormisse per strada. Proprio una di loro, quando ancora non si sapeva chi fosse l’assassino, aveva urlato: ”Papà non meritava questo. Non hanno cuore le persone, chi l'ha ucciso deve fare la stessa fine". Mentre la sorella della vittima aveva detto:"Chi l'ha ucciso non è umano".

 

Minniti ringrazia le forze dell'ordine - "Abbiamo visto delle immagini drammatiche. I giornali hanno scritto 'clochard bruciato vivo'. Io credo che non dobbiamo chiamarlo 'clochard', ma dobbiamo chiamarlo con il suo nome: Marcello Cimino". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Marco Minniti, ringraziando le forze di polizia per avere "in poche ore assicurato alla giustizia un barbaro assassino".  

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