Caso Yara, i giudici: "Omicidio per avances a sfondo sessuale"

Cronaca

Depositate le motivazioni della sentenza con la quale il muratore di Mapello è stato condannato all'ergastolo. "Dal delitto emerge il suo animo malvagio" scrivono i giudici

Uccisa perché avrebbe rifiutato le avance sessuali di Massimo Bossetti. E' questo, secondo i giudici della Corte d'Assise di Bergamo il movente che avrebbe spinto il muratore di Mapello a uccidere la 13enne di Brembate. I magistrati, nelle motivazioni della sentenza con cui lo hanno condanato all'ergastolo, sostengono infatti che l'omicidio di Yara sia "maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora".

 

I giudici: "Bossetti ha dimostrato la sua anima malvagia" - Secondo i giudici Bossetti "non ha agito in modo incontrollato,  sferrando una pluralità di fendenti, ma ha operato sul corpo della  vittima", dimostrando così il suo "animo malvagio". Da qui l'aggravante inflitta per le sevizie e la crudeltà. "Le sevizie in termini oggettivi e prevalentemente fisici - scrivono - la crudeltà in termini soggettivi e morali di appagamento dell'istinto di arrecare dolore e di assenza di sentimenti di compassione e pietà". Quello di Yara è, insomma, un "omicidio di inaudita gravità".

 

Prova del Dna giudicata assolutamente affidabile - Per quanto riguarda la prova regina del processo, le tracce genetiche di Bossetti trovato sugli indumenti della ragazza, i giudici osservano che "è vero che la dinamica del fatto resta in gran parte oscura, ma ciò non scalfisce il dato probante  rappresentato dal rinvenimento del Dna su slip e pantaloni". Un dato, sostengono, "privo di qualsiasi ambiguità e insuscettibile di lettura alternativa, non è smentito né posto in dubbio da acquisizioni probatorie di segno opposto ed anzi è indirettamente confermato da elementi ulteriori, di valore meramente indiziante, compatibili con tale dato e tra loro". Le tracce genetiche del muratore provano dunque "non solo che l'imputato e la vittima sono entrati  in contatto ma che lui è l'autore dell'omicidio".

 

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