Omicidi a picconate, confermati i 20 anni a Kabobo

Cronaca
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La sentenza di secondo grado per il ghanese di 33 anni giudicato con rito abbreviato. Nel 2013 ha ucciso tre passanti a Milano. “Speravo in qualcosa in più ma questo è il massimo che si poteva ottenere” ha detto il figlio di una delle vittime

La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato la condanna a 20 anni di carcere per Mada Kabobo con il riconoscimento del vizio parziale di mente e la misura di sicurezza a 3 anni a pena espiata. Il ghanese, 33 anni, uccise tre passanti a colpi di piccone a Milano, nel maggio del 2013. Kabobo era stato condannato in primo grado lo scorso 15 aprile con rito abbreviato. Oggi i giudici d'appello (presidente Anna Conforti, a latere Fabio Tucci) hanno confermato la condanna. In realtà i giudici sono partiti, rispetto al primo grado, da un differente calcolo delle pene per i reati contestati (32 anni in totale invece di 35), ma con lo sconto del rito abbreviato e con il fatto che la pena base non poteva superare i 30 anni, il verdetto definitivo è stato di 20 anni di reclusione. La difesa di Kabobo, che era presente in aula, aveva chiesto come in primo grado l'assoluzione per incapacità totale di intendere e di volere.

I giudici hanno inoltre riconosciuto i risarcimenti e le provvisionali concesse in primo grado alle parti civili, ossia ai familiari di Ermanno Masini, Daniele Carella e Alessandro Carole', le tre vittime. Tra l'altro, per Kabobo, il prossimo 10 febbraio riprenderà l'udienza preliminare con l'accusa di duplice tentato omicidio in relazione ad altre due aggressioni avvenute sempre quella mattina dell'11 maggio 2013.

Reazioni - "Speravo in qualcosa di più, però questo è il massimo che si poteva ottenere e quindi accetto la decisione" commenta Andrea Masini, figlio di Ermanno, una delle tre vittime di Adam Kabobo. I genitori di Daniele Carella, altra vittima, che aveva 21 anni, hanno detto solo poche parole ai cronisti, spiegando di essersi "affidati ai nostri avvocati". Uno dei loro legali, l'avvocato Jean Paule Castagno, ha parlato di una "sentenza giusta, al di là dei pellerossa", facendo riferimento a un paragone utilizzato in aula oggi dai legali di Kabobo. La difesa del ghanese, infatti, per illustrare le istanze di riapertura del processo, ha spiegato che Kabobo, quando prese i cellulari dopo aver ucciso i tre passanti, lo fece non per rapinarli ma come una sorta di gesto di vittoria tipico delle culture tribali e che si inquadra nella sua malattia mentale.

I legali di Kabobo: “Vedremo se ci saranno gli spazi per fare ricorso” - "Leggeremo le motivazioni della sentenza e vedremo se ci sono gli spazi per il ricorso in Cassazione" hanno annunciato gli avvocati di Kabobo Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno. I difensori inoltre hanno voluto spiegare che quando in aula hanno fatto un paragone tra l'azione di Kabobo di prendere i cellulari alle vittime e i gesti di vittoria dei pellerossa "non abbiamo voluto mancare di rispetto, era soltanto un esempio per illustrare le nostre tesi".

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