Ruby bis, Mora: "Ad Arcore abuso di potere e degrado"

Cronaca

Dichiarazioni spontanee dell’ex talent scout, imputato con Fede e Minetti. "Ho portato alle cene alcune ragazze ma non le ho costrette". Poi, fuori dall'Aula, fa retromarcia: "Nulla di male alle feste, non c'è mai stata prostituzione". FOTO e VIDEO 1 e 2

Il caso Ruby e quello che è successo attorno alle serate ad Arcore di Silvio Berlusconi è stato un caso di "dismisura, abuso di potere, degrado". Lo ha detto Lele Mora, rendendo dichiarazioni spontanee al processo Ruby bis e facendo dunque una sorta di 'mea culpa'. "Io ne sono stato passivo concorrente - ha aggiunto l'ex talent scout - ma oggi non voglio più mangiare cibo avariato e lascio il compito di chiarire ai miei difensori" (VIDEO).
Poi però, fuori dal tribunale di Milano, l'agente dei vip ha fatto retromarcia: "Ad Arcore non c'è stato niente di male, quando in aula ho parlato di 'degrado' ho detto quello che ha riportato un giornale (il giornalista di Repubblica Giuseppe D'Avanzo, ndr)". E ha aggiunto: "La prostituzione ad Arcore non c'è mai stata" (VIDEO). E anche il termine "passivo concorrente" usato in aula da Mora è stato poi corretto dal suo legale Gianluca Maris, che ha spiegato che il suo assistito intendeva dire di "non" essere stato passivo concorrente".
Per Lele Mora, imputato nel processo Rubi Bis (lo speciale) insieme a Nicole Minetti ed Emilio Fede per favoreggiamento e induzione alla prostituzione anche minorile, il pm ha chiesto la condanna a 7 anni di reclusione.

Mora: "Ho portato alcune ragazze alle cene, ma non le ho mai costrette"
- In tribunale Mora ha ammesso di aver portato alcune ragazze ad Arcore, ma sottolineando di non averle mai costrette. "E' vero ho partecipato alle feste di Silvio Berlusconi ad Arcore, è vero ho accompagnato alle cene alcune ragazze, ma non ho mai voluto condizionarle, non ho mai giudicato i loro comportamenti e non ho mai orientato le loro condotte con costrizione". E ancora: "E’ vero, ho ricevuto un prestito da Berlusconi tramite Fede con cui potevo salvare la mia società".

"Per la bancarotta mi sono assunto le mie responsabilità, qui valutate voi" - Lele Mora ha preso la parola prima dell'arringa dei suoi difensori, gli avvocati Gianluca Maris e Nicola Avanzi. Ha esordito dicendo di voler pronunciare solo "poche parole per non violare il silenzio che mi sono imposto e che per me è l'unica condotta dignitosa". Ha spiegato più volte che nel periodo trascorso in carcere, per l'accusa di bancarotta, "ho avuto modo di pensare a lungo, perché il carcere ti impone una pausa". L'ex talent scout ha detto di aver pensato alle tante polemiche aggressive del passato e ha chiesto scusa in particolare ai giornalisti. Per i fatti di bancarotta, ha concluso, "mi sono assunto le mie responsabilità, per quelli di questo giudizio valuterete voi giudici".

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