Italiani si diventa. Ecco i nuovi cittadini

Cronaca
Dall'Egitto arrivano El Kader ed El Sudani. Marcantonio dal Perù
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Un giorno all'ufficio dell'anagrafe di Milano dove si giura per ottenere la cittadinanza: le storie e le emozioni di filippini, egiziani, peruviani che escono con una bandiera tricolore e una copia della Costituzione

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di David Saltuari

La porta che fa diventare italiani ha la forma classica di quella di ogni ufficio dell'anagrafe comunale: legno un po' vecchio e vetro smerigliato che lascia passare poca luce. Una targhetta dice "Il responsabile". Ma chi entra lo fa per giurare fedeltà alla Repubblica e ottenere, assieme a una bandiera e a una copia della Costituzione, la cittadinanza italiana.
In un giorno qualunque, nella settimana in cui la Nazione festeggia i suoi 150 anni, davanti a quella porta del comune di Milano, ad aspettare il proprio turno, sono in cinque. La prima della fila è una signora del Togo. "Non sono un'immigrata - spiega con uno sguardo un po' triste - ma profuga". Non vuole dire il nome o farsi fotografare. E' fuggita dalla guerra e dalla persecuzione e la diffidenza verso chi fa troppe domande è ancora forte. Ha impazienza di entrare, si muove nervosa sulla sedia. Aspetta questo momento da dieci anni, da quando è arrivata in Italia.

Decisamente più allegro è il signor El Sudani, in Italia da 27 anni. In Comune è arrivato con la figlia, già cittadina italiana, e la moglie che lo sarà presto. E' emozionato. Il 17 marzo ha deciso che festeggerà la sua nuova patria e se gli si chiede di definire l'Italia non ha dubbi: "Il mio paese". Solo davanti alla domanda su chi tiferebbe nel caso di una partita Italia Egitto sembra avere qualche incertezza. Ma poi diplomaticamente trova la soluzione: "Se si gioca qui tifo Italia, se si gioca là, tifo Egitto". Interviene Wael El Kader, terzo in fila, vestito elegante e portamento severo. E' in Italia dal 1985 e qui è diventato responsabile della produzione e del controllo qualità di un'industria metalmeccanica. Si presenta con un biglietto da visita e dopo il giuramento porterà la moglie fuori a festeggiare. Ma sul calcio non transige. "Tifo sempre Italia e ho festeggiato quando abbiamo vinto i mondiali. Ma se gioca contro l'Egitto, mi dispiace, tifo per l'Egitto".

Intanto esce la signora del Togo, neo cittadina italiana. Dopo il giuramento è più rilassata. "Ora mi sento più libera. Se dal Togo mi vogliono fare qualcosa non mi possono toccare. In Italia sono al sicuro. Ho la pace dentro di me". E con gli occhi lucidi si mette a raccontare con orgoglio dei suoi quattro figli che ha portato e cresciuto in Italia: "Il più grande si è laureato da poco in ingegneria aerospaziale, mentre la seconda sta per farlo in scienze politiche internazionali, gli altri due sono ancora alle superiori." Presto saranno cittadini italiani anche loro: stanno firmando gli ultimi documenti", e va via felice.

Poco dopo il giuramento dei due egiziani, si presenta Marcantonio, un bel ragazzo di 26 anni. E' qui da sette anni, venuto dal Perù appena maggiorenne con il sogno di fare il ballerino. La cittadinanza la può già chiedere perché è sposato con un'italiana. Non sembra molto emozionato. "Non mi sento diverso ora - spiega - mi sento molto tranquillo." Alla domanda di definire il suo nuovo paese con una sola parola, dice "democrazia". La prima cosa che farà da neocittadino? "Il passaporto, per tornare a trovare i miei genitori in Sudamerica".

Molto rilassato e un po' incosciente appare anche Kriss, diciottenne filippino ma nato in Italia. Alla domanda se si sente italiano o filippino, risponde "mi sento misto, multietnico". Sua madre infatti è cino-filippina, il padre è ispano-filippino, e a casa sua si parla un misto di filippino, inglese e italiano. Ma la nuova cittadinanza non gli basta. Vorrebbe studiare medicina e poi trasferirsi in Spagna o in Canada, dove lo aspetta una zia. "In Italia c'è troppo razzismo e poche opportunità" spiega. Alla richiesta di sintetizzare l'Italia in una sola parola, si mette a ridere e dice "Mi viene in mente solo Berlusconi, non so perché". Le sue idee politiche confessa, però, sono molto confuse.

Seduto davanti a una porta lì accanto c'è Alberto, argentino che vive in Italia da sette anni. Osserva tutto il via vai con un po' di invidia. Lui è qui solo per chiedere informazioni. Spera di ottenere la cittadinanza grazie al nonno italiano. Lui, italiano si sente già. Questo Paese per lui è già "casa mia". Alla fine, dopo i giuramenti di tutti gli altri, anche lui esce, con lo sguardo un po' preoccupato. In mano ha la lunghissima lista di documenti che dovrà portare. "Mi toccherà scavare una miniera - spiega sconsolato - per trovare le ossa di mio nonno." Ma si fa coraggio: "Lo faccio soprattutto per mia figlia, che ha due anni e mezzo. Voglio che cresca da italiana".

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