Aquila, il rap invade la Zona Rossa

Cronaca
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Red Zone Calling è un concerto per riportare la gente nel centro storico e mostrare a tutti che, a quasi due anni dal sisma, non è cambiato niente. Perchè il rap? "Parla chiaro e va dritto al punto". TUTTE LE FOTO

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“Abbiamo scelto il rap perché parla chiaro e va dritto al punto. E noi vogliamo dire la verità, nella maniera più sincera e cruda possibile: all’Aquila, a quasi due anni dal sisma, ancora non è cambiato niente”: Stefano Tartaglini, produttore musicale, racconta com’è nata l’idea del concerto “Red zone calling”. Il primo concerto rap in piena zona rossa, nella piazza Palazzo da sempre cuore della vita studentesca della città e, dal 6 aprile 2009, silenziosa e deserta.

Il 5 febbraio si è riempita di nuovo: sul palco una lunga lista di nomi noti del rap italiano (Artificial Kid, Brokenspeakers, Bestierare e dj Drugo, dj Mike featuring Rancore, Zona Rossa Krew, dj Baro) tra il pubblico fans ma soprattutto tanti aquilani, giovani e non. Prima del concerto, nell'Asilo Occupato in viale Duca degli Abruzzi (non lontano da piazza Palazzo) è stato presentato il documentario "E' stato morto un ragazzo" di Filippo Vendemmiati.
“Abbiamo scelto piazza Palazzo perché vogliamo riportare la gente nel centro storico della città e anche per creare un evento vivo, dinamico nella zona ancora chiusa”, continua Tartaglini, in arte Stabbyoboy. L’idea è nata subito dopo il concerto per l’Aquila tenutosi a Roma nel maggio 2009: “Visto il successo, abbiamo deciso di replicare e abbiamo scelto di farlo proprio qui in Abruzzo. Quando, mesi dopo, ho richiamato gli altri gruppi tutti hanno accettato di venire qui ad esibirsi gratuitamente”.

I fondi raccolti, infatti, andranno versati al comitato 3e32 per una ricostruzione attenta e sostenibile. Anche se, quando parla di quel che è stato fatto (poco) e di quel che resta da fare (quasi tutto), Tartaglini è molto critico: “Preferisco parlare di costruzione piuttosto che di ri-costruzione. Piuttosto che ricostruire, le autorità hanno scelto di insediare strutture prefabbricate. Anche questa è una verità che va detta: i problemi non sono stati risolti in maniera professionale e veloce come il Governo vuole far credere. Sono passati quasi due anni e all’Aquila è cambiato poco o niente”.

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