Un arresto e otto giorni per morire: le foto choc

Cronaca
Il carcere di Regina Coeli dove è stato detenuto per pochi giorni Stefano Cucchi
cucchi

Stefano Cucchi, romano, 31 anni, era stato fermato dai carabinieri con pochi grammi di droga. Poi il carcere e l'ospedale, senza che la famiglia potesse visitarlo. La sua morte ricorda il caso Aldovrandi. Oggi la denuncia con le immagini del cadavere

di Cristina Bassi

L'hanno visto uscire di casa in buone condizioni, l'hanno riavuto morto, pochi giorno dopo. Nel frattempo un arresto per droga da parte dei carabinieri, la detenzione in carcere, l'ospedale. Senza che i familiari potessero mai vederlo. 
Il caso di Stefano Cucchi, 31 anni, romano, ricorda da vicino la vicenda di Federico Aldrovandi, il 18enne di Ferrara morto nel settembre del 2005 dopo una colluttazione con la polizia. Nel luglio scorso quattro agenti sono stati condannati a tre anni e sei mesi per omicidio colposo, dopo che la famiglia di Federico si era battuta per avere giustizia. La madre aveva sempre sostenuto che suo figlio era morto a causa del pestaggio dei poliziotti e aveva pubblicato sul suo blog foto e documenti, seguendo passo passo l’inchiesta ufficiale.
E non è un caso che la famiglia Cucchi abbia scelto come legale Fabio Anselmo, lo stesso degli Aldrovandi. L’avvocato, i parenti di Stefano e l’associazione «A buon diritto»  hanno convocato una conferenza stampa in Senato per chiedere che venga fuori la verità su quello che è successo al geometra 31enne con piccoli precedenti penali, fermato il 16 ottobre al parco degli Acquedotti a Roma: aveva addosso venti grammi di droga, è morto una settimana più tardi, il 22, nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, dopo essere stato a Regina Coeli e al Fatebenefratelli.
«Mio figlio – dichiara Giovanni Cucchi – era sotto la tutela dello Stato e dato che è stato preso in consegna dai carabinieri, chiediamo chiarezza anche al ministro della Difesa Ignazio La Russa». La sorella Ilaria si rivolge al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che alla Camera ha parlato di una morte che «esige un approfondimento» e ha riferito l’ipotesi di una caduta del ragazzo in carcere. «Spero – ha detto la sorella di Stefano – che il ministro Alfano inizierà a interessarsi davvero, perché non mi sembra abbia risposto né abbia detto nulla di nuovo. Ora pretendiamo una risposta chiara, perché mio fratello è morto da solo». Per una settimana alla famiglia era stato negato il permesso di vedere il giovane detenuto e di parlare con i medici che l’avevano in cura.

Alla conferenza stampa sono state distribuite le foto del corpo di Stefano, scattate dopo l’autopsia. «Immagini drammaticamente eloquenti – le definisce Luigi Manconi, presidente di “A buon diritto” –. Da sole dicono quanti traumi abbia patito quel corpo e danno una rappresentanza tragicamente efficace del calvario di Stefano». Le foto mostrano il corpo magro (il ragazzo, che soffriva di epilessia, era passato dai 43 chili del fermo ad appena 37), con il volto tumefatto, l’occhio destro rientrato nell’orbita, l’arcata sopraccigliare gonfia, una mascella che sembra fratturata. Sulla misteriosa morte è stata aperta un’inchiesta d’ufficio. «L’atto di morte è stato acquisito dal pm – spiega l’avvocato Anselmo –, per cui non abbiamo in mano nulla se non queste foto e un appunto del nostro medico legale». Che documenta come «sul corpo non sono stati riscontrati traumi lesivi che possano aver causato la morte, ma escoriazioni, ecchimosi e sangue nella vescica. Aspettiamo gli esiti dell’esame istologico. Noi non accusiamo nessuno – precisa il legale –. Stefano è uscito di casa in perfette condizioni di salute e non è più tornato. Chiediamo che non ci sia un valzer di spiegazioni frettolose e spesso in contraddizione tra loro e di risparmiare alla famiglia un processo su quello che è stato Stefano».
Anche alcuni politici si sono mobilitati per chiedere chiarezza sulla vicenda. Alla conferenza stampa della famiglia Cucchi erano presenti Emma Bonino, Flavia Perina, Renato Farina e Marco Perduca. Mentre il Garante dei detenuti della Regione Lazio, Angiolo Marroni, ha presentato un esposto alla procura.

La famiglia ore vuole la verità
Aldrovandi, tra tribunali e blog in cerca di giustizia

Qui le foto impressionanti diffuse dalla famiglia di Stefano

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