Vera Politkovskaja: "Mia mamma, una giornalista scomoda"

Cronaca
Vera Politkovskaja al Giardino dei Giusti di Milano. FOTO di Orlando Amedeo Cangià
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In occasione della piantumazione a Milano di un albero in memoria di Anna Politkovskaja, abbiamo incontrato la figlia della reporter russa assassinata nel 2006: "Raccontava una realtà", che in tanti non vogliono vedere, "fatta di guerra e dolore"

di Pamela Foti

“Contrariamente a quanto si pensa, mia madre era un personaggio scomodo non solo per chi siede al potere. Era scomoda per la gente… Non parlava di cose piacevoli. Raccontava di una verità fatta di guerra, di dolore, di sangue, di soldati e banditi”.
A parlare è Vera Politkovskaja, figlia di Anna Politkovskaja.
E’ giovane e minuta, e come sua madre è giornalista. Si occupa di cultura e ecologia, ma non ama parlare di sé e del suo lavoro. L’idea di ripercorrere la carriera professionale della madre è ancora lontana: “Non ci ho mai pensato. Del resto nemmeno mia mamma, quando ha iniziato a scrivere, sapeva dove questo l’avrebbe portata”.
Lo dice a Milano, in occasione della piantumazione nel Giardino dei Giusti di un albero in memoria di sua madre, la giornalista russa assassinata a Mosca il 6 ottobre 2006 per aver denunciato gli abusi dell’esercito russo in Cecenia.
Milano rende infatti omaggio ai Giusti: la collina del Monte Stella, ribattezzata Giardino dei Giusti, da oggi ospita sei alberi piantati in memoria di altrettanti personaggi che si sono distinti per aver difeso la libertà con la propria vita.
Un tributo al coraggio di questi uomini e donne che, nel caso di Anna Politkovskaja, è stato chiesto al Comune di Milano attraverso una petizione popolare promossa dall’associazione AnnaViva e sottoscritta da oltre 1500 persone, milanesi e non.


Vera, cosa rappresenta per te la piantumazione di un albero in memoria di tua madre?
Innanzitutto voglio dire che io e la mia famiglia siamo molto attenti e apprezziamo le manifestazioni che in tutto il mondo, a differenza di quanto accade in Russia, vengono organizzate per ricordare mia madre. Come ad esempio la dedica di un viale in suo nome a Roma. E l’albero piantato a Milano per noi è simbolo del fatto che nel mondo non si vuole dimenticare il nome di Anna Politkovskaja.
Hai tenuto a specificare “a differenza di quanto succede in Russia”. Vuoi dire che tua madre era più apprezzata all’estero che nella sua terra?
Sì. E’ così.
Perché?
Già. Perché? …. Perché parlava di cose scomode per il nostro governo.
Era una giornalista scomoda, come la definisci tu, perché ha avuto il coraggio di denunciare gli abusi e i soprusi commessi dall’esercito russo in Cecenia?
Sì, ma non solo per questo. Contrariamente a quanto si pensa mia madre era un personaggio scomodo non solo per chi siede al potere. Era scomoda per la gente. Sia per i giovani che per gli anziani, senza alcuna differenza, anche perché le nuove generazioni in Russia non hanno una coscienza politica. Purtroppo, nel mio paese la gente crede a quello che gli viene raccontato, e cioè crede a un mondo dove non ci sono problemi né preoccupazioni. Dove tutto va bene. Dove tutto è tranquillo. La gente si interessa solo ai propri piccoli affari, alle proprie piccole fortune. E mia mamma non parlava di cose piacevoli. Raccontava una verità fatta di guerra, di dolore, di sangue, di soldati e banditi. 
Anna Politkovskaja non ha mai nascosto il suo dissenso per la politica di Vladimir Putin. Hai mai pensato che se non si fosse così apertamente schierata, le cose sarebbero andate diversamente?
Lei non era schierata contro il potere in quanto tale. Mia madre era contro la guerra in Cecenia. Era contro la conduzione di questa guerra. La questione non è solo la morte di mia mamma. Troppo spesso ci si dimentica che la guerra in Cecenia è un mare di sangue.
Quindi, non l’hai mai persuasa a non trattare argomenti “scottanti”?
In casa si parlava del suo lavoro, ma mia madre non raccontava tutto. Come succede in tutte le famiglie, alcune cose si condividono, altre no. Capitava che raccontasse di ciò che aveva visto nei suoi viaggi in Cecenia, ma erano tante anche le cose che non sapevamo. E non perché volesse nascondercele o perché a noi non interessare sapere. Era semplicemente questo il modo con il quale lei affrontava il suo lavoro. Da una parte c’era la famiglia, dall’altra la sua professione di giornalista. Certo, avevamo la percezione del pericolo. Ma questo era il suo lavoro, una sorta di missione.
Di recente il presidente Medvedev ha rilasciato un’intervista al quotidiano d’opposizione Novaja Gazeta, proprio il giornale per il quale lavorava tua mamma. Credi che questo gesto rappresenti un segnale di cambiamento?
Non la vedo così. Non ho visto nulla di eccezionale in questa intervista. Medvedev ha rilasciato dichiarazioni che avrebbe potuto affidare benissimo ad un altro quotidiano. Non ho letto nulla di particolare. Il perché poi abbia scelto proprio Novaja Gazeta, beh questo lo ignoro. Bisognerebbe chiederlo a lui.
Il processo per l'uccisione di Anna Politkovskaja si è concluso con l’assoluzione di tutti e quattro gli imputati, tra i quali non figuravano né il killer né il mandante. Dopo questa sentenza credi ancora nella giustizia?
Non abbiamo perso la fiducia. Ecco quello che posso dire: non abbiamo perso la fiducia e continueremo a cercare la verità, anche grazie all’aiuto dei giornalisti di Novaja Gazeta, che non hanno mai cessato le indagini sul suo omicidio.
Credi che si saprà mai chi ha ucciso tua mamma?
Io so soltanto quello che un giorno lei ci ha detto, e cioè che se mai le fosse successo qualcosa il colpevole sarebbe stato qualcuno che sedeva al Cremlino. Queste sono state le parole che ha detto ai suoi figli.

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