Tecniche di pesca, quali sono quelle più sostenibili. LA SCHEDA

Ambiente

Gabriele De Palma

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Quali tecniche di pesca industriale hanno un impatto meno nocivo e non mettono a rischio gli stock ittici e l'ecosistema? Una scheda per capirci di più.

 

Oltre all'inquinamento, da plastica innanzitutto, (LO SPECIALE "UN MARE DA SALVARE") e all'innalzamento della temperatura degli Oceani, un'altra serie minaccia all'ecosistema marino è rappresentata dalla pesca industriale, che può avvenire in modo più o meno sostenibile. Le variabili da tenere in considerazione, seguendo il Codice di condotta per la pesca sostenibile della FAO, ripreso da tutti i principali certificatori internazionali degli standard di qualità, sono sostanzialmente tre: l'impatto sull'ecosistema (fondali e vegetazione), la scelta della zona di approvvigionamento e la tecnica di pesca utilizzata. 

Vediamo quali sono i metodi di pesca più invasivi e quali più tollerabili, sempre a patto di utilizzarli in zone di pesca non sovra-sfruttate.

Pesca a canna

La pesca a canna è il metodo di gran lunga più sostenibile perché non è una pesca alla cieca e evita del tutto il problema dei rigetti, e cioè del pescato non conforme a quanto richiesto dal mercato – per specie o anche per dimensioni e sviluppo – che causa la morte o il ferimento ingiustificato di molti esemplari. Pescando a canna quel che non serve viene immediatamente rilasciato in mare, conservando esclusivamente il pesce da commercializzare. Purtroppo la tecnica non è molto diffusa nell'industria ittica, anche a causa degli altri costi rispetto a tecniche meno selettive.

Reti a circuizione

È un metodo di pesca molto utilizzato a livello industriale e consiste nella cattura tramite reti che vengono posizionate intorno a un banco di pesci – identificato oggi tramite satellite – e chiuso intorno alle prede. La selettività del metodo è variabile ma è considerata accettabile se inferiore al 10 per cento, il che è possibile solo se il metodo è utilizzato senza aiuto di altri dispositivi che incentivano l'aggregazione dei pesci. 

FAD (Fish aggregating device)

I FAD sono delle gradi boe fissate al fondo marino tramite blocchi di cemento, realizzate in modo da attrarre un gran numero di pesci. I pescherecci periodicamente passano a raccogliere indistintamente con reti a circuizione tutta la fauna attratta dal dispositivo. Si stima che i FAD attirino almeno trecento diverse specie marine, la stragrande maggioranza delle quali vengono poi rigettate in mare perché non remunerative sul mercato. Il metodo ha quindi un impatto decisamente negativo sugli stock ittici e sulla biodiversità.

Reti da traino 

Le reti da traino sono reti chiuse a forma conica attaccate alla poppa del peschereccio e trainate durante la navigazione. Se ne distinguono due tipi, quella effettuata in alto mare e quella a contatto coi fondali. Entrambe sono molto poco selettive, con alte percentuali di rigetti in mare. Quella a contatto coi fondali, anche nota come pesca a strascico, aggiunge alla poca selettività un nefasto impatto sulla vita di fondale, con coralli e vegetazione spazzati via dalle reti appesantite da piombi. Purtroppo la tecnica è ancora utilizzata soprattutto per la pesca di gamberi, come segnalato da Greenpeace, e anche nel Mediterraneo continuano a venire rilasciati permessi per praticarla.

 

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